Partecipazione come concertazione allargata - pdf document -
PARTE PRIMA
1. La lenta diffusione di un approccio
partecipativo nelle
trasformazioni urbane
1.1. Partecipazione come concertazione
allargata
1.1.1. Partecipazione come
concertazione allargata
Nella lingua italiana i principali
significati attribuiti alla parola partecipazione sono
prendere parte e comunicare
e rendere noto. I due tipi di azioni si riferiscono, da un
lato, allatto di schierarsi e
manifestare la propria opinione e, dallaltro, alla condivisione di
informazione ed opinioni, ma più
spesso di eventi (partecipazioni di nozze). Nel
complesso questi comportamenti possono
essere descritti come agire comunicativo e
relazionale tra individui allo scopo
di esprimere e condividere esperienze, interessi,
informazioni ed opinioni.
In un contesto di politiche pubbliche,
con il termine partecipazione queste modalità
dazione comunicative,
relazionali e di condivisione sono applicate allambito delle
politiche di riferimento e ad essi
viene aggiunto la nozione relativa allinfluenza che
queste azioni esercitano sui processi,
come nella definizione riportata sotto.
Il concetto di partecipazione nellambito
dei processi di trasformazione urbana fa
riferimento alle possibilità concesse
al cittadino, in qualità di singolo individuo, sua
rappresentanza o comunità
locale, di influire sui processi stessi ed i loro esiti.
Varietà di modalità relazionali
La definizione generale di
partecipazione non entra nel merito della qualità del processo
di relazione. Partecipare potrebbe
dunque volere dire molte cose per persone diverse, e
di fatto ciò si verifica. Potrebbe ad
esempio significare essere al corrente dei problemi del
quartiere o della città in cui si
vive, o votare alle elezioni o ai referendum, rispondere a
questionari o partecipare ad assemblee
informative, o essere coinvolti in associazioni che
si occupano di temi urbanistici o
ambientali, oppure ricoprire ruoli di responsabilità nella
produzione di conoscenze o di
decisioni, ecc. Tutte queste sono forme di partecipazione,
alcune attive alcune passive e a
diverso grado dintensità e svolgimento, e ne varieranno
le caratteristiche, gradi di
applicabilità e impatti sul processo e sugli esiti.
Prendere parte e negoziare
Il concetto di prendere parte
mette in luce lesistenza di una motivazione dellagire
relazionale e comunicativo. Lascia
infatti intendere la presenza di più interessi e dunque
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la possibilità di una relazione
conflittuale tra essi. La partecipazione assume quindi il
significato di introduzione nel
processo di attività di mediazione e negoziazione tra
interessi
diversi.
Bottom-up/top-down
La partecipazione come condivisione di
conoscenze, scelte e azioni presuppone una
forma di equilibrio tra i diversi
soggetti. Questo intento di ridistribuzione del potere rispetto
ad una configurazione iniziale in cui
vi sono interessi forti e interessi deboli solleva il
tema dei processi di tipo top-down in
cui un attore forte, tipicamente il soggetto pubblico,
facilita la partecipazione della
comunità locale, o di tipo bottom-up, in cui è la comunità
stessa che promuove il proprio
coinvogimento e sviluppo di sé stessa e del territorio in
cui si identifica. Lindissolubilità
tra questi due modi di vedere il problema è stata
particolarmente sviluppata nei paesi
anglosassoni. Channan afferma ad esempio che
porsi il problema di come coinvolgere
la comunità locale nei processi di trasformazione
urbana è un po come guardare
il problema dal lato sbagliato del telescopio. La
comunità locale esiste infatti prima
del progetto di trasformazione urbana (Chanan,
1999). Si tratta di capire come
radicare o, ancor più precisamente, come fare emergere
unipotesi di trasformazione
nelle comunità locale.
Costruzione sociale
Una formulazione tutta italiana è
invece quella relativa al concetto di progetto di
trasformazione come costruzione
o produzione sociale (Crosta, 1990). Laspetto che
prevale in questo caso è quella della
condivisione di contenuti conoscitivi e la costruzione
e rafforzamento di un capitale sociale
comune. Non si pone
laccento sul carattere etico,
di maggiore giustizia nelle scelte di
trasformazione o di incremento della democrazia e
della capacità di autodeterminazione
delle scelte. La partecipazione viene intesa come
un modo di progettare e gestire le
trasformazioni urbane che corrisponde ad
uninterpretazione
particolarmente efficace dei processi di trasformazione stessi, fondata
appunto su una visione non
meccanicistica del processo di trasformazione fisica in cui un
progetto si sovrappone al territorio
senza essere indissolubilmente legato e legarsi al
territorio stesso. I processi
partecipativi intervengono quindi per alimentare una pratica
urbanistica che non è più in grado
di intercettare fondamentali istanze di qualità di vita, di
fondazione di identità, di rapporto
equilibrato e profondo con il territorio e la storia dei
luoghi (Ferraresi, 1995, p.
105).
Concertazione allargata
In un processo di partecipazione
inteso come concertazione allargata non si ha un
atteggiamento paternalista da parte
delle istituzioni che generosamente acconsentono a
ascoltare i cittadini ma si considera
che tutti gli attori siano essi istituzionali o locali
abbiano qualche risorsa da mettere in
gioco per contribuire in modo positivo al processo
e al risultato.
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In una prospettiva di allargamento
della concertazione, si passa dal coinvolgimento
attivo limitato a chi ha titolo per
intervenire o chi ha potere, ad altri attori non direttamente
responsabili nei confronti delle
regole, gestione del processo, capitale, rischio e
esecuzione del progetto. Si tratta
quindi di attori che possono offrire altri tipi di risorse di
tipo progettuale, economico, politico
per alimentare in modo sostanziale il percorso di
definizione e realizzazione del
progetto stesso.
Rispetto ad un concetto paternalista
di partecipazione si evidenzia lutilità e il ruolo di
questi contributi nella costruzione di
capitale di conoscenze e riflessioni comuni. Si tratta
in un certo senso di una visione
partenariale dei contributi, in cui tutti sono coautori di
un percorso e prodotto collettivo, ma
senza una riduzione, retorica e reale, delle pluralità
di visioni a quella di un attore
collettivo che ne rappresenti artificiosamente la totalità.
Lobbiettivo non è giungere ad
un consenso a tutti i costi, che in alcuni casi può non
esistere, ma aprire lambito
della produzione, scambio e negoziazione sui significati e
valori da attribuire allipotesi
di trasformazione. La soluzione che potrà emergere potrà
non soddisfare completamente tutte le
parti, ma sarà sicuramente a somma positiva per
la collettività. Inoltre
probabilmente scontenterà meno coloro che, dovendo pagare dei
costi, sono stati almeno in grado di
negoziare sulle caratteristiche del progetto e della sua
esecuzione. E infatti, anche a
buon senso, improbabile che tante teste insieme non
possano, in un processo di confronto
strutturato e democratico, giungere ad una
soluzione che sia complessivamente
migliore.
I principi della concertazione
allargata
Assumere questo punto di vista
significa non soltanto acquisire le tecniche per facilitare e
gestire i processi di condivisione, ma
promuovere una trasformazione del modo di
intendere lurbanistica e la
progettazione urbana che richiede da parte di tutti un
cambiamento di approccio e prassi,
riguardante:
· la capacità e la propensione allaccoglimento
nel processo di risorse gestionali,
progettuali, politiche ed economiche
normalmente non considerate;
· un atteggiamento realmente ed
efficacemente comunicativo e dialogico nei confronti
degli attori che possono apportare
queste risorse;
· una volontà di negoziazione e
mediazione tra interessi di varia natura e provenienza;
· una responsabilizzazione di tutti gli
attori, a partire dallipotesi che tutti hanno
qualcosa da offrire, qualcosa da
prendere e qualcosa da costruire nel processo di
concertazione allargata.
Senza queste condizioni minime, è
difficile che un percorso di concertazione allargata
possa effettivamente giungere a
dimostrarsi più valido di un processo ristretto/esclusivo
tradizionale.
1.1.2. Cittadini/abitanti, gruppi e
comunità locali
Affrontare il tema della
partecipazione intesa sia come azione istituzionale di
informazione, consultazione o
condivisione delle scelte di trasformazione urbanistica, sia
come spinta interna alla comunità
verso condizioni di maggiore autodeterminazione delle
forme di sviluppo territoriale,
presuppone una riflessione su ciò che comunemente si
intende con cittadino/abitante.
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Cittadini
Il cittadino come singolo individuo
normalmente partecipa alla produzione di politiche
urbane in modo passivo esprimendo il
proprio voto alle elezioni amministrative o in
occasione di referendum pro o contro
la realizzazione di determinate politiche o
interventi. La mobilitazione del
singolo avviene però anche nella moltitudine di
organizzazioni che esprimono e curano
interessi locali, culturali, professionali e così via,
di cui è ricca una società. In
alcuni casi, particolarmente nellambito delle trasformazioni
fisiche, lambito stesso diventa
un campo di battaglia in cui il cittadino partecipa in modo
spontaneo solo per protestare contro
decisioni che considera penalizzanti.
La tendenza a non partecipare è un
sintomo di una difficoltà a riconoscersi nei luoghi
della città, che si trasformano
sempre più in nonluoghi, ovvero in spazi che non
possono definirsi né identitari, né
relazionali, né storici (Augé, 1993). Per questo motivo è
preferibile ragionare in termini di
abitante; tale concetto allude anche al radicamento in
un luogo fisico e simbolico, contiene
il riconoscimento della particolarità, a volte
dellunicità, del luogo vissuto,
difeso progettato, prodotto trasformato, abitato (Giusti,
1995, p.55). La promozione della
partecipazione diretta ai singoli individui dovrà in primo
luogo preoccuparsi di facilitare il
percorso di trasformazione del cittadino in abitante,
sostenendo quindi tutte le iniziative
volte a ricostruire unidentità dei luoghi basata sulle
caratteristiche fisiche, sociali,
storiche e culturali del territorio. Labitante daltra parte, in
quanto detentore di una conoscenza del
luogo che non è ottenibile attraverso gli
strumenti di indagine solitamente
utilizzati dallattore pubblico per definire gli interventi di
trasformazione, costituisce una
risorsa fondamentale che, mediata attraverso una
competenza progettuale, arricchisce il
processo decisionale.
Gruppi di interesse
I gruppi di interesse che intervengono
nellambito di un processo di trasformazione
urbana possono formarsi in reazione
allintervento stesso ed assumere quindi un
carattere rivendicativo (comitati di
protesta) o essere associazioni che operano
nellambito della comunità
intorno a temi specifici (ambiente, cultura, lotta
allemarginazione, ecc.).
Entrambe le tipologie rappresentano comunque una risorsa per
la promozione della partecipazione in
quanto costituiscono una forma già organizzata di
rappresentazione degli interessi che
possono essere condivisi.
I comitati di protesta, a volte
chiamati anche comitati del No, nascono in occasione e al
solo scopo di contrastare unipotesi
di trasformazione. Il loro mandato è quindi semplice e
negativo. In genere riuniscono persone
accomunate dallessere potenziali vittime dei
costi esterni di un processo di
trasformazione fisica, molto spesso di tipo infrastrutturale.
Nel caso di progetti di trasformazione
fisica lappartenenza ad un comitato coincide in
genere anche con lappartenenza
ad un comune territorio. Non è però detto che
allinverso tutti gli abitanti di
un territorio decidano di sostenere la causa del Comitato,
anche perché molto spesso i comitati
tendono ad assumere posizioni intransigenti. Molto
spesso però i comitati ritengono di
rappresentare e parlare a nome di tutta la comunità
locale.
Le associazioni di volontariato e il
settore non profit in generale costituiscono un
importante settore della comunità
locale, ricco di conoscenza, capacità operative e
connessioni con il territorio, i suoi
significati e memoria. Molto spesso vengono però dai
decisori considerate delle voci deboli
della comunità, di secondordine rispetto ad altre.
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A differenza dei comitati di protesta,
le associazioni esistono prima della proposizione
dellipotesi di trasformazione,
si occupano già di varie altre attività in settori specifici
sociali, ambientali, culturali o
produttivi, con un mandato più ampio dei comitato del No, e
non sono, almeno in partenza,
pregiudizialmente a favore o contro il progetto.
Comunità
Il concetto di comunità è molto
ampio. Si definisce comunità un insieme dindividui che
hanno qualcosa in comune che li
distingue dalla maggior parte degli altri. Esistono
comunità scientifiche, professionali,
religiose, culturali, etniche, ecc., che si identificano al
loro interno da interessi, attività,
credenze, rituali ecc. simili. Un alto dato caratterizzante
è quello di non mobilitare risorse
finanziarie, se non per la propria sopravvivenza.
Comunità: attività ed
organizzazioni che sono sotto il diretto controllo dei loro membri, la
maggior parte dei quali contribuiscono
alle attività senza mobilitare risorse finanziarie e non
sono controllate da autorità locali o
altre agenzie pubbliche (Chanan, 1999, p. 1)
In questo testo, si assume in
particolare il concetto di comunità locale. Il termine locale
indica che il concetto ha una forte
connotazione geografica. La comunità locale è
costituita da quelle persone che
possono dire io abito qui, faccio parte di questa
comunità. A differenza di molte
altre comunità in cui le persone si identificano la
caratteristica principale di una
comunità locale è quella di contenere persone e gruppi
informali o organizzati, magari a loro
volta piccole comunità o comunque membri di altre
comunità, molto diversi tra loro.
Per distinguere una comunità
locale da un gruppo di persone che semplicemente
condividono uno spazio o un luogo è
necessario verificare lesistenza di altri due fattori
(vedi figura pag. seguente):
· il senso di appartenenza alla
comunità stessa;
· lidentificazione con il proprio
territorio.
Verificate queste due condizioni per
la maggior parte degli abitanti di unarea, non è
ancora detto che tutti coloro che vi
abitano siano parte della comunità. Non è infatti raro
trovare persone che per motivi diversi
(ad es. gli immigrati) non si identifichino in modo
prevalente con la comunità locale.
Questo è un dato importante di cui tenere conto nella
definizione delle modalità di
partecipazione di questi soggetti.
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Il senso di appartenenza ad una
comunità locale e al suo territorio di riferimento si riconosce soprattutto
dalluso che viene fatto degli
spazi pubblici e comuni e non per forza dalle caratteristiche dalla forma urbana.
In questo anonimo cul-de-sac di un
quartiere suburbano americano, che potrebbe a prima vista sembrare
privo di vita comunitaria, si riunisce
una festa improvvisata tra vicini.
Fonte: Lippard, 1996
1.1.3. I gradi della partecipazione
Si può partecipare ad un processo di
trasformazione, ossia esercitare uninfluenza attiva,
in modalità quantitativamente e
qualitativamente diverse. La necessità di distinguere i
differenti gradi dintensità tra
le possibilità di partecipazione che possono essere
concretamente applicate in un processo
ha condotto alla definizione di una scala della
partecipazione (Arnstein 1969,
successivamente rielaborata da molti autori). Questa
scala costituisce ormai una sorta di
punto di partenza classico di tutti gli studi
sullargomento a cui è ancora
decisamente utile fare riferimento.
La scala classifica gli approcci alla
partecipazione partendo da una situazione di totale
esclusione di tutti gli interessi e
voci deboli dal processo per arrivare ad una situazione
in cui il controllo totale delloperazione
di progettazione e gestione di una trasformazione
è totalmente nelle mani dei
cittadini, alla comunità locale o alle loro rappresentanze. Tra
questi due estremi si trovano
situazioni intermedie che comprendono diversi gradi e
modalità di inclusione o esclusione
delle voci ed interessi locali.
La versione originale della scala di
Arnstein, riportata in figura, attribuisce chiaramente un
valore di merito positivo alla
partecipazione. I gradini più bassi della scala, quelli in cui
lamministrazione pubblica al
massimo rilascia oculatamente delle informazioni ai
cittadini sul proprio operato per
consolidare il proprio potere, vengono infatti indicati come
tentativi di manipolare, trattare
o placare lopinione pubblica. Soltanto risalendo la scala,
i cittadini acquistano potere reale dinfluire
sulle decisioni e i cambiamenti che li
riguardano.
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La scala di Arnstein della
partecipazione (Arnstein, 1969)
Controllo ai cittadini
Potere ai cittadini Potere delegato
Partenariato
Consultazione
Partecipazione irrisoria Informazione
Smorzamento
Trattamento
terapeutico Non partecipazione
Manipolazione
La scala di Arnstein ha messo in luce
che esistono non solo vari livelli di partecipazione
ma anche che poca partecipazione
può significare falsa partecipazione. In inglese la
ricercatrice denominava questo livello
intermedio e fittizio di coinvolgimento (indicato in
fig. 1.2 come partecipazione
irrisoria) con il termine tokenism, che potrebbe essere
tradotto con lespressione
italiana di dare un contentino.
Ai fini di una valutazione più
obiettiva del tema è utile definire una scala di partecipazione
che indichi gli effettivi gradi dintensità
della partecipazione ma non attribuisca
necessariamente un giudizio di valore.
Questo perché in alcune circostanze livelli bassi
di partecipazione sono in realtà
primi passi compiuti da unamministrazione in direzione di
un processo di cambiamento graduale
verso lintroduzione di meccanismi più significativi
di coinvolgimento attivo. In alcune
circostanze, i gradini bassi, quali la semplice
divulgazione dinformazioni, sono
a loro volta elementi indispensabili di strategie più
complesse di partecipazione. In
ultimo, si può ritenere che, qualora esistesse, in un
contesto democratico, unamministrazione
pubblica così razionale e abilmente
opportunista da fornire informazioni
ai propri cittadini solo allo scopo di manipolarne le
opinioni per consolidare il proprio
potere e capace di predisporre consultazioni di facciata
per dare loro lillusione di
avere avviato un processo di ascolto, verrebbe prima o poi
sconfessata anche sulla base di quelle
poche informazioni fornite e del fatto che, sempre
in democrazia, altri attori sono in
grado di offrire informazioni e valutazioni diverse.
I gradini della scala della
partecipazione rivisitata per questo lavoro indicano
rispettivamente i seguenti livelli di
partecipazione:
· (non partecipazione);
· informazione/comunicazione;
· consultazione;
· collaborazione/coinvolgimento attivo;
· autoproduzione/autogestione.
In realtà si tratta di un continuum
più che di distinzioni nette tra categorie di approcci
partecipativi. Man mano che si procede
nella scala, cambiano lequilibrio dei ruoli e le
modalità dinterazione tra, da
un lato, attori che detengono, dal principio, per motivi di
diritto o potere relativo nel gioco
delle parti, il controllo sul processo e, dallaltro, attori che
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invece non sono necessariamente
considerati parte attiva del processo. Negli approcci a
più elevato grado di partecipazione,
lequilibrio tra le parti muta tendendo a dare maggior
peso reale alle voci ed interessi
normalmente esclusi o marginalizzati. In termini
dinterazioni si passa da
approcci che prevedono solo un passaggio dinformazioni
selettivo e unidirezionale da parte
del decisore al mondo esterno a modalità di ascolto e
confronto che progressivamente
introducono nel processo dinamiche di scambio
paritetico di informazioni, valori e
responsabilità.
Nei paragrafi seguenti si analizzano
questi gradi più nel dettaglio. La tab 1.2. al termine
della sezione, riassume le variabili
principali che distinguono i diversi livelli.
Non partecipazione
Lassenza di partecipazione
corrisponde ad una strategia politica molto diffusa che può
essere sintetizzata come decidi-annuncia-difendi.
In una simile strategia, il decisore
agisce secondo i propri programmi e in
isolamento rispetto al mondo esterno, giungendo
ad ascoltare, nella maggior parte dei
casi suo malgrado, i cittadini in una fase molto
tarda, quando oramai tutti i parametri
fondamentali dellapproccio strategico (obiettivi,
mezzi e piano operativo) sono stati
fissati. Infatti, al momento in cui il decisore mette in
tavola le proprie carte annunciando il
suo programma in versione definitiva spesso, con
sua grande sorpresa, si trova ad
essere criticato e dovere difendere la propria decisione,
senza essere nelle condizioni di
potere o volere più cambiarla.
Nella maggior parte dei casi, questa
strategia di gestione del processo è adottata in
modo inconsapevole. Il decisore agisce
istintivamente secondo meccanismi o percorsi
amministrativi che tendono ad
escludere lintrusione di altri interessi. I percorsi possono
essere dettati dalla consuetudine.
Seppure implicitamente, lamministrazione ritiene in
qualche modo di potere sostenere gli
attacchi e le critiche al proprio programma che si
profileranno in fase successiva,
oppure che in qualche modo un approccio
confrontazionale su un programma
definito possa non nuocere e addirittura portare dei
contributi. In altre circostanze
invece questi percorsi blindati sono il risultato di tappe
forzate imposte al decisore dallesterno,
ad esempio da regole o scadenze nazionali che
vengono indicate o cambiate senza
sufficiente preavviso. In tali condizioni dincertezza,
senza avere nemmeno il tempo di porsi
il problema, si ritiene difficile e in alcuni casi
controproducente avviare meccanismi di
ascolto e interazione con altri attori che poi non
potrebbero di fatto influire sulla
decisione.
Vi sono però casi in cui ladozione
di processo esclusivo è consapevole. Può essere che
il decisore tema che un coinvolgimento
dellopinione pubblica possa limitare la portata ad
esempio innovativa di una decisione.
Una delle obiezioni al coinvolgimento dei cittadini è
che infatti in molte occasioni, lopinione
pubblica tende al conservatorismo. Vi sono però
anche altri tipi di spiegazioni. In
campi diversi, si ritiene infatti che decisioni controverse o
ad alto contenuto tecnico, quali
quelle che riguardano la tassazione, o sulle infrastrutture
che hanno un impatto significativo
sullambiente, o che riguardano linteresse nazionale
(energia, difesa, ecc.) non possano
essere prese in modo efficace se vi è unesposizione
prematura del problema allopinione
pubblica. Lamministrazione pubblica è persuasa di
detenere la capacità di esprimere
compiutamente linteresse della collettività su un tema
e di prendersi il rischio di una
decisione. In casi di avversione maggiore alla decisione
presa, in un sistema democratico, vi
saranno comunque sempre modi per cui quella
decisione potrà essere bloccata o
cambiata in seguito. Nel frattempo si reputa però
necessario farla procedere senza
consultare i cittadini.
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Il modello strategico
decidi-annuncia-difendi può essere riferito sia al modello di uno stato
burocratico che a quello di uno stato
paternalista, se non autoritario. In uno stato
altamente burocratico, nellaccezione
peggiorativa del termine che si dà nel linguaggio
comune, travolti da un approccio
fondato solo sullapplicazione di procedure, non ci si
pone neanche il problema di
coinvolgere i cittadini. Molto spesso, in questi casi,
nemmeno il decisore sa bene cosa stia
succedendo e potrebbe descrivere in termini di
razionalità perché si è giunti ad
una certa decisione. In un modello di stato paternalista, si
potrebbe dire che il decisore suppone
di sapere cosa è meglio per il benessere dei propri
cittadini. E dimostrato da tante
vicende familiari, che sul lungo periodo il paternalismo
genera inevitabilmente nei figli
ribellione e conflitto. Infine, secondo una terza possibile
interpretazione, il decisore sta solo
cercando di giungere rapidamente alla decisione con
il consenso di pochi altri attori,
sperando di non essere beccato o di poter poi scaricare
il problema della difesa a
qualcun altro.
Informazione/comunicazione
La diffusione e circolazione delle
informazioni è una componente fondamentale e basilare
di qualsiasi approccio inclusivo. Lo
scambio e accesso allinformazione costituisce il
primo elementare livello nella
partecipazione dei cittadini alla gestione pubblica, in quanto
fornisce al processo la risorsa che
permette di creare una condivisione del patrimonio
conoscitivo e quindi costruire un
comune livello di dialogo. La dimensione comunicativa è
la dimensione principale in cui prende
forma e si realizza la partecipazione.
Ad un livello minimo, superata la fase
di non-partecipazione del modello decidi-annunciadifendi,
il decisore ritiene utile e doveroso
aggiornare più o meno regolarmente gli altri
attori e i cittadini dellevoluzione
del processo nelle sue diverse fasi e delle scelte che si
stanno valutando, prendendo o che sono
state prese. Il decisore accetta quindi che vi sia
unintrusione dallesterno,
anche se solo da parte di osservatori, senza aspettarne la
conclusione del processo. I momenti in
cui, in teoria, il decisore o pianificatore,
nellambito di questo studio -
crea e controlla flussi di informazioni tra i diversi attori
coinvolti in un processo di
trasformazione urbana sono molti.
Il pianificatore o lamministratore
probabilmente descriverà la proposta del progetto; indicherà i
possibili tempi; designerà le
fonti per ulteriori informazioni; spiegherà il processo di revisione del
progetto; allerterà i residenti
del quartiere sulla loro possibile partecipazione; definirà possibili
alternative che si stanno prendendo in
considerazione o che potrebbero essere considerate;
specificherà i requisiti della
partecipazione dei cittadini, quali la presentazione di dichiarazioni
scritte o il pagamento di tasse per i
ricorsi; suggerirà quali altre parti interessate potrebbero
essere contattate; notificherà ai
residenti particolari incontri per discutere la proposta del
progetto; chiederà commenti e
risposte alle proposte che si presentano al momento (Forester,
1989, corsivo dellautore)
La cessione dinformazioni da
parte del decisore ai cittadini è giustificata principalmente
da un diritto alla trasparenza,
cioè di fornire strumenti appropriati ad osservatori esterni al
processo decisionale per capire cosa
stia succedendo, quale sia loggetto in discussione,
quali possano essere i possibili
impatti delle decisioni prese e come stia lavorando il
decisore. In un sistema democratico,
il decisore accetta di esporre il proprio lavoro al
giudizio dei cittadini. Oltre alla
trasparenza, linformazione rilasciata dal decisore può però
essere funzionale a promuovere e
stimolare comportamenti, nonché forme di
apprendimento, ad esempio per
quello che riguarda ladozione di comportamenti più
ambientalmente sostenibili quali la
pratica della raccolta differenziata. Linformazione ha
cioè la capacità di produrre degli
effetti, azioni e reazioni in chi la riceve.
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La capacità del decisore pubblico di
diffondere informazioni significative comporta un
aumento della capacità di controllo
del processo stesso da parte dei cittadini. Il decisore
non potrebbe, almeno in teoria,
permettersi di mandare allesterno messaggi non chiari,
incoerenti o contraddittori o cercare
di manipolare linformazione per i propri fini perché
rischia con il tempo di essere
smascherato. Come già indicato, linformazione sul lungo
periodo genera apprendimento e dei
cittadini informati sono più preparati a recepire sia
quando le informazioni vengono negate,
sia quando non sono credibili. Se la diffusione di
informazioni provoca effetti e
reazioni, il decisore dovrebbe quindi valutare attentamente
che tipo di informazioni divulgare.
Spesso questo processo è fatto in modo
disorganizzato e vi è comunque molto
scambio informale tra mondo esterno e mondo del
decisore che fa sì che le
informazioni trapelino, scappino o vengano rubate.
Inoltre, in un sistema democratico, il
decisore non è assolutamente lunica fonte rilevante
di produzione dinformazioni
sulle trasformazioni previste o in atto, vi sono anche i mezzi
di comunicazione, le organizzazioni
sul territorio, gli istituti di ricerca, i sindacati, ecc.
Una volta diffuse le informazioni
devono però raggiungere i destinatari e può anche darsi
che si perdano per strada per mille
motivi . Una volta giunte a destinazione la
comprensione dei messaggi dipende
infine però anche molto dalle conoscenze e
capacità di chi li riceve. In breve,
il processo comunicativo è un processo complesso e
con molti attori che comporta però
sempre tre momenti fondamentali: comunicare,
recepire e capire:
· comunicare: valutare quali
informazioni trasmettere, in quale quantità, in quale forma
(medium, linguaggio, supporto, ecc.),
in quali tempi, a chi, ecc.
· recepire: assicurare che le
informazioni arrivino effettivamente al destinatario (il
mezzo scelto potrebbe non essere
adeguato, il linguaggio non compreso, ecc.);
· capire: assicurare che il
destinatario possa comprendere le informazioni e quindi
modificare e ampliare il proprio grado
di conoscenza di una questione o di un
problema.
Al di là dellapparente
semplicità di questa distinzione, ciò comporta che il controllo reale
dellefficacia di un processo
comunicativo, che è a sua volta componente fondamentale di
un approccio inclusivo, dipende dalla
capacità di controllo dellefficacia di questi tre
momenti. Molto spesso le
amministrazioni pubbliche si stupiscono di non essere state
capite, quando in realtà non sono
state in grado di controllare il processo comunicativo
nella sua interezza.
Finora si è sottolineata limportanza
della comunicazione da parte del decisore nei
confronti del mondo esterno. In
realtà però la comunicazione è tuttaltro che
unidirezionale e, a livelli superiori
di fabbisogno informativo da parte della collettività, è
importante notare che le informazioni
sono detenute da vari attori e circolano in tutti i
sensi. Anzi, come illustrato in Tab:
1.1, linformazione è unimportante risorsa di scambio
nei processi di confronto sociale.
Anche i cittadini o gli altri attori hanno molte
informazioni da dare ai decisori o
agli esperti coinvolti nel processo decisionale, ad
esempio gli urbanisti o gli architetti
coinvolti in un processo di trasformazione urbana.
Un quadro quindi più realistico che
ritraesse la varietà di scambi dinformazione che
avvengono in una situazione data
sarebbe quindi molto complesso, con informazioni che
si muovono nel tempo in modo più o
meno controllato in tutte le direzioni. Nella società
dellinformazione della
telecomunicazione, il quadro diviene sempre più denso, dinamico
e in gran parte anche più facilmente
accessibile. Ciò determina una maggiore capacità di
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scelta degli approcci alla
comunicazione ma è da notare però che le regole della
comunicazione, cioè del sapere
comunicare e assicurarsi che le informazioni vengano
recepite e capite, valgono sempre,
soprattutto se sintende costruire un sapere comune
che possa guidare una qualche forma di
azione a sua volta comune. La tabella 1.1
presenta una possibile classificazione
dei tipi dinformazioni che possono essere fornite
dallamministrazione e delle
modalità di divulgazione.
Tab. 1.1 Tipi di informazione
Quale tipo di informazione? Riguardo a
decisioni già prese (single policy)
Riguardo a decisioni correnti
(alternative
policy)
Riguardo a tutte le decisioni
disponibili
Diffusione di
informazione
Chi è informato? Élite maggiori:
altre pubbliche amministrazioni o
grandi gruppi economici
Élite minori: gruppi di interesse
locali
I cittadini
Quale tipo di informazione? Riguardo a
fattori geografici (censimenti, dati,
ecc.)
Riguardo a decisioni prese da altre
organizzazioni pubbliche o private
Riguardo a opinioni e comportamenti
pubblici
Raccolta di
informazione
Da chi è data? Elite maggiori
Elite minori
I cittadini
Quale tipo di informazione? Dibattiti
pubblici
Coinvolgimento di gruppi délite
Movimenti dei cittadini
Interazione tra
pubbliche autorità e
cittadini
Chi è laudience? Élite maggiori
Élite minori
I cittadini
Fonte: Cecchini, Vania, 2000
Consultazione
Il grado della scala della
partecipazione indicato con lespressione consultazione
prevede lintegrazione di un
elemento qualitativamente importante al semplice processo
di scambio dinformazione, cioè linterazione
strutturata su un tema o problema specifico.
Linterazione strutturata
comporta la predisposizione e la gestione di un processo di
scambio dinformazioni perlomeno
bidirezionale (decisore-cittadini) ma spesso multidirezionale
tra tutti gli attori coinvolti, in
cui, avendo definito un quadro conoscitivo
comune del problema e contesto
decisionale, si presentano e ascoltano le diverse
opinioni in relazione al problema e
valutano possibili soluzioni. Il confronto non è su molti
temi o problemi, ma su uno solo, e si
distingue in questo senso dalla regolari
consultazioni elettorali che chiedono
invece di scegliere tra programmi multi-tematici
diversi.
Nellaccezione comune, la
consultazione è una modalità da lungo tempo accettata di
confronto tra le opinioni delle
diverse parti in causa in un problema di trasformazione
21
urbana. Il termine consultazione
è spesso associato a forme assembleari di confronto e
spesso erroneamente equiparato a
quello di partecipazione tout-court. Si tratta in realtà
di una modalità particolare di
partecipazione che a sua volta ricomprende una varietà di
approcci al proprio interno, come
analizzato in 1.3.2. Riunioni, assemblee, tavoli di
discussione, giurie di cittadini,
consultazioni via internet, referendum e così via sono tutte
forme di consultazione. Queste
modalità hanno spesso in comune il fatto di concentrarsi
su un problema in gran parte già
strutturato e definito dagli esperti o su alcune soluzioni
alternative, a volte ma non sempre
rinegoziabili.
A questo livello della partecipazione,
il decisore non solo rilascia informazioni e ascolta
opinioni diverse ma si avvale
attivamente di queste opinioni in alcuni casi per definire
meglio il problema, spesso per cercare
o soprattutto scegliere tra soluzioni alternative e,
se possibile, costruire consenso. Si
tratta ancora di un modello in cui il potere finale di
decidere quale è la soluzione
preferibile è in mano al decisore (top-down), ma ladozione
di sistemi più o meno strutturati o
sofisticati di ascolto e confronto può permettere, se
utilizzata propriamente, di introdurre
realmente risorse conoscitive e politiche locali che
contribuiscono alla decisione.
Ovviamente anche questo livello di
partecipazione può in realtà essere manipolato. Non
è raro infatti trovare gruppi locali
o partiti dellopposizione che ritengono che le
consultazioni siano svolte solo per
placare gli animi, strumentalizzare lopinione pubblica,
non forniscano informazioni corrette e
sufficienti per formarsi unopinione e in ogni caso
le opinioni divergenti dalla direzione
di rotta che vuole proporre lamministrazione locale,
magari in accordo con i privati, non
abbiano di fatto potere dinfluire e modificare il
percorso. A questa, come a molte
obiezioni simili, si può rispondere con la regola
generale che nella maggior parte dei
casi quello che si ottiene da un processo
partecipativo dipende prevalentemente,
tolti alcuni effetti non previsti e perversi, da quello
che si cerca di ottenere. Non cè
approccio o metodo che non possa essere manipolato,
ma maggiore è il grado effettivo di
partecipazione a disposizione minore è il rischio che
tentativi di manipolazione abbiano
effetto.
Collaborazione/coinvolgimento attivo
Il passaggio successivo nella scala
della partecipazione comporta un reale
avvicinamento al concetto di empowerment
cioè di acquisizione di significativo potere
dinfluire sulla trasformazione
da parte di chi ne era originariamente privo per mancanza
di accesso alle decisioni, risorse
finanziarie, informazioni, possibilità di espressione e
comunicazione, e così via.
Normalmente questo passaggio di potere avviene attraverso
una parziale cessione di potere da
parte del decisore, che in qualità di entità neutrale
decide di promuovere un processo di
lavoro comune in vista della definizione sia del
problema che delle possibili
soluzioni. In altri casi la spinta può però essere dal basso,
da parte di gruppi esterni al processo
decisionale che riescono a divenire interlocutori e
partecipare al processo.
Il livello della collaborazione e
coinvolgimento attiva unipotesi di partenariato tra tutti gli
attori che hanno delle risorse da
mettere in gioco. In un rapporto di partenariato, tutti i
partners sono allo stesso livello e
hanno egualmente da offrire e scambiare in termini di
quantità di risorse.
In questa categoria si collocano la
maggior parte degli approcci metodologicamente più
evoluti di progettazione e
pianificazione partecipata. Si tratta di quegli approcci che sono
stati elaborati a partire da una
concezione partigiana della partecipazione, legata
allipotesi di pianificatore come
advocacy planner (pianificatore di parte) in difesa degli
22
esclusi, a una concezione più
imparziale, legata a concetti di costruzione sociale del
piano e del progetto.
Autoprogettazione/autoproduzione/autogestione
Il livello più alto di coinvolgimento
prevede idealmente il controllo diretto da parte degli
abitanti (attuali o futuri) di tutte
le fasi di ideazione, progettazione, produzione e gestione
della trasformazione e dei suoi esiti.
Si tratta di un livello incentrato sul coinvolgimento
diretto nel processo di produzione e
trasformazione sia edilizia, sia territoriale. Nella
maggior parte delle trasformazioni
urbane, vi sono molti attori, regole, contributi di varia
provenienza e reali difficoltà
tecniche che fanno sì che il processo difficilmente sia tutto
controllabile se non addirittura
portato avanti nel suo complesso dagli utenti finali. Detto
ciò, è però vero che esistono più
forme di produzione e gestione diretta dellambiente
costruito di quanto non possa sembrare
ad un primo sguardo.
Il dato principale è quindi quello di
fare e gestire direttamente la trasformazione fisica,
demandandone alcuni aspetti al minor
numero di competenze tecniche esterne. Nella
storia della progettazione e
pianificazione vi sono state numerose esperienze di questo
tipo che consenta il trasferimento di
potere e controllo sul processo, promosse da
professionisti e amministratori, di
matrice libertaria. In tempi più recenti, approcci simili
sono anche stati adottati da ONG,
quali la Banca Mondiale, allo scopo di aiutare la
riqualificazione e sviluppo di bidonvilles
nei paesi in via di sviluppo, con lobiettivo di
stimolare anche processi di crescita
sociale ed economica.
Quando gli abitanti controllano
le decisioni principali e sono liberi di dare il loro contributo alla
progettazione, costruzione e gestione
delle loro abitazioni, sia il processo che lambiente che ne
risultano stimolano il benessere
individuale e collettivo (J.F.C. Turner, 1972)
Ipotesi di autoprogettazione o
autoproduzione sono meno estreme di quanto potrebbe
sembrare a prima vista. In Gran
Bretagna ad esempio il movimento per lautocostruzione
promosso da Segal ha portato alla
realizzazione di vari complessi edilizi, edifici a servizi,
ecc. Negli Stati Uniti, è molto
comune ordinare il progetto della propria casa su catalogo e
poi trovare un gruppo di operai che la
costruisca sul proprio appezzamento. In Italia, il
movimento cooperativo ha svolto un
importante ruolo nell ambito della produzione
edilizia, soprattutto in certe parti
del paese, fondandosi su uno spirito in gran parte
riconducibile a questo livello della
partecipazione.
Il concetto di autogestione si applica
a molti campi e non solo alla pianificazione e
progettazione. Si inserisce in una
filosofia che tende a spostare la bilancia della
responsabilità e potere di scelta dal
settore pubblico o dai promotori di professione agli
abitanti, consumatori, utenti finali
stessi. In questa prospettiva, muta il ruolo dei tecnici
che non rispondono più al settore
pubblico o privato ma direttamente ai cittadini.
Esperienze di autogestione di spazi ed
edifici pubblici, attraverso associazioni o trust
specificatamente fondati esistono in
molte realtà locali, spesso anche con forti radici
storiche.
23
Tab 1.2 Le variabili dei gradi
della partecipazione
Divulgazion
e
informazioni
Ascolto Confronto/
definizione
comune del
problema
Ricerca
comune
della
soluzione
Decisione
comune
Aiuto
allassunzione
di potere e
responsabilità
Assunzione
potere e
responsabilità
Non partecipazione (ü)
Comunicazione ü (ü)
Consultazione ü ü ü (ü)
Collaborazione/ coinvolgimento
attivo ü ü ü ü (ü)
Autoproduzione/
autogestione (ü) (ü) ü
1.2. Campi di applicazione nei
processi di trasformazione urbana
Il concetto di partecipazione non si
applica ad un campo specifico ma alla totalità dei
settori che riguardano lintervento
pubblico nelleconomia e nella società. In particolare in
questo lavoro il concetto di
concertazione allargata è applicato al campo delle
trasformazioni fisiche del territorio.
Per analizzare questo tema è necessario distinguere
tra alcune grandi categorie dintervento
per le quali è necessario tracciare alcune
distinzioni e sviluppare alcune
considerazioni sul grado di applicabilità del concetto. Le
categorie considerate sono:
· piani urbanistici;
· progettazione dello spazio fisico;
· programmi urbani complessi.
I temi di piano, programma e
progetto sono stati e sono ampiamente dibattuti nella
letteratura di settore. In questa
sezione non si intende introdurre definizioni molto
elaborate dei concetti in esame,
andando oltre gli scopi specifici di questo lavoro, bensì
presentare alcune riflessioni
applicate al tema oggetto di approfondimento.
Piani urbanistici
Lurbanistica è caratterizzata
da un approccio generalmente descrittivo, regolativo e
prescrittivo nei confronti delle
azioni di trasformazione territoriale. Il piano urbanistico
nella sua accezione più convenzionale
tende, da un lato, a dipingere uno stato finale
ideale che risulterebbe dallinsieme
delle trasformazioni compiute da operatori pubblici o
privati in un arco di tempo piuttosto
ampio, dallaltro, a stabilire quali azioni possono
essere ammesse per giungere a quello
stato finale e quali no, e in che modo. Si tratta di
uno strumento che si limita ad alcuni
aspetti del cambiamento urbano, non tocca
questioni di gestione operativa del
cambiamento, se non limitatamente, in gran parte non
riguarda questioni qualitative di
dettaglio, e si concentra in sostanza sul dare le regole e i
vincoli per azioni che verranno
compiute da altri, negli anni a venire. Molti piani
ricomprendono anche un elemento di
progetto urbano forte, con alcune modalità attuative
24
già definite, ma il grado di
programmazione di queste attività è sempre inferiore rispetto a
quello di altri strumenti di programmi
e progetti urbani o edilizi proposti a seguito o
comunque al di fuori del piano.
A questa lettura veloce e approssimata
delle funzioni del piano, bisogna però aggiungere
il dato importante del processo di
costruzione del piano: il percorso della pianificazione. Il
lungo processo di definizione di una
descrizione dello stato del contesto urbano, di una
visione del suo cambiamento e della
definizione delle regole ed obbligazioni della
comunità è infatti parte integrante
dellatto di pianificare. Si tratta infatti di un formidabile
momento di dialogo urbano
che coinvolge in modo diretto o indiretto un notevole
numero di persone e relativi interessi
su un lungo arco di tempo. Non a caso, la
produzione del piano regolatore di una
città suscita notevole interesse in ampie fasce
della popolazione, parti sociali,
economiche e culturali, rappresentati da una miriade di
gruppi, lobby, comitati, associazioni,
sindacati, e così via, aldilà della diffusa percezione
di esoterismo che la
disciplina nel contempo suscita nei non addetti ai lavori. Si tratta
di uno dei pochi momenti in cui si
parla non solo di interessi privati anche di quelli,
ovviamente - ma si tenta di esplorare
e prefigurare il futuro della città nel suo complesso.
Applicare un concetto di concertazione
allargata alla pianificazione significa riflettere sulle
modalità esistenti e potenziali dintroduzione
di voci e interessi di varia natura in un
processo che, rispetto a tutti gli
altri processi di trasformazione urbana, ha per natura e
vocazione unaltissima valenza
pubblica. Se il piano è infatti un documento che regola
altri comportamenti e processi e
quindi ha un notevole impatto sulle capacità di azione di
altri attori, risulta chiaro che unipotesi
di concertazione allargata deve confrontarsi con
questioni di regole del dialogo
pubblico più significative che in altre circostanze. Per
questa ragione, le modalità minime di
partecipazione normalmente adottate in fase di
costruzione del piano sono
regolamentate dal diritto e non lasciate alla discrezionalità
degli amministratori locali. Ad
esempio le Osservazioni al Piano sono la modalità diffusa
di partecipazione in urbanistica ma
hanno un carattere molto formale e sono di difficile
accesso da parte di soggetti non
informati. In altri paesi si adottano strumenti di
discussione pubblica (public
inquiry), su modelli di confronto che usano argomentazioni e
logiche di tipo giudiziario, che non
hanno forse maggiore facilità daccesso in sé ma
consentono di discutere e difendere le
proprie ragioni dopo averle presentate.
La valenza pubblica e lestensione
delle aree considerate dagli strumenti di piano hanno
unimportante conseguenza sul
margine di scelta di un eventuale approccio inclusivo.
Infatti si tratta di circostanze
decisionali in cui il numero di attori potenzialmente
coinvolgibili è elevatissimo, fino a
giungere allintera popolazione di città anche di notevoli
dimensioni. Ciò ha notevoli
conseguenze in termini di scelta dellapproccio, gestione del
processo di partecipazione, capacità
necessarie, risorse, tempi, ecc. Non a caso le
esperienze che possono legittimamente
essere definite di pianificazione partecipata sono
molto poche e si concentrano su alcuni
aspetti strategici del processo, cioè di definizione
di obiettivi, strumenti direttori,
oppure al contrario su aspetti molto particolari che possono
essere separati dal resto del piano.
Al dato della valenza pubblica si
accompagna il dato della complessità dello strumento di
pianificazione. Il coinvolgimento di
attori esterni alle pratiche amministrative, disciplinari o
legate da interessi di parte (quali
quelle immobiliari) richiederebbe quindi un notevole
sforzo di apprendimento e
approfondimento dei problemi. Per questo motivo, le pratiche
partecipative vengono tendenzialmente
limitate alla fase di ricognizione dei bisogni,
attraverso raccolte strutturate dinformazioni
che prevedono modalità di dialogo e
consultazione.
Di recente sono però state sviluppate
alcune metodologie di visioning (vedi 1.3.3), che
consentono appunto attraverso approcci
più sofisticati che coinvolgono varie
rappresentanze dinteressi
cittadini, a diversi livelli, dal vicinato, al quartiere, al livello
25
urbano, di strutturare in modo
efficace un processo di partecipazione. Si tratta però di
contesti di piano in cui prevalgono
gli elementi strategici rispetto a quelli normativi e
regolativi di dettaglio. Metodologie
partecipative per la considerazione di questultimi
devono ancora essere elaborate.
Sempre nellambito della
pianificazione strutturale, diretta dunque alla definizione di
obiettivi generali di sviluppo,
strategie e azioni, su orizzonti temporali di medio - lungo
periodo, si rileva una significativa
introduzione in numerose amministrazioni locali italiane
di modelli di pianificazione
strategica. Tali casi, sebbene siano per la maggior parte
connotati in modo elitario i
soggetti coinvolti nel processo sono detentori di risorse
chiave o gruppi di interesse
fortemente rappresentati denotano comunque una
progressiva apertura verso un
approccio di concertazione allargata ai problemi di
governo della città e del territorio.
La progettazione dello spazio fisico
Scendendo di scala rispetto al livello
della pianificazione, si entra nellambito della
progettazione dello spazio fisico in
cui la finalità diventa quella di intervenire per
trasformare direttamente il
territorio, non più dare delle indicazioni, linee strategiche o
vincoli allazione e margini di
variazione accettabili per legge. Questo livello comprende
però al suo interno progetti molto
diversi, di tipo edilizio o infrastrutturale, a loro volta
caratterizzati da gradi di
complessità e multi-funzionalità notevolmente diversi. Il dato
comune, rispetto alla pianificazione,
è che emergono alcuni attori proponenti, che
investono capacità, risorse e rischio
per promuovere una trasformazione per motivi sia
dinteresse pubblico che privato.
Lesistenza di attori proponenti
è un dato fondamentale da considerare nella definizione
delle possibili modalità di
partecipazione. Lespressione allargare la concertazione
diventa infatti più pertinente,
perché comunque per questi progetti avviene in ogni caso
una concertazione di qualche tipo tra
attori pubblici e privati in grado di porre risorse
significative sul tavolo della
negoziazione. Lallargamento riguarda quindi quegli attori che
non sono già proponenti della
trasformazione o portatori di valori collettivi o
rappresentativi ai fini del progetto
(ad esempio altri enti pubblici, oltre allamministrazione
proponente). Questi attori possono
essere identificati nel cosiddetto terzo attore (Giusti,
1995), cioè gli abitanti, la
comunità locale, gruppi e organizzazioni, ecc.
I progetti edilizi possono essere
notevolmente diversi tra loro. Il dato principale da
individuare per riflettere sul grado
di applicabilità di approcci partecipativi è quello di
identificare chi userà gli edifici
(utenti) e chi ha delle aspettative o subisce i costi esterni
del progetto. Queste saranno le due
categorie di stakeholders che potranno essere
coinvolte o si auto-coinvolgeranno da
sole. Gli utenti avranno esigenze specifiche sulluso
quotidiano del manufatto che, se
ascoltate in fase di progettazione, potrebbero aiutare a
definirne le caratteristiche e
prestazioni. Inoltre gli utenti potrebbero costituire
raggruppamenti particolari, ad esempio
bambini e insegnanti nel caso di una scuola,
pazienti e malati nel caso di un
ospedale, anziani e personale assistenziale nel caso di
una casa di cura e così via. In
alcuni casi sarà possibile identificare e coinvolgere
direttamente questi utenti. In altri,
quali ad esempio quello di residenze per persone che
non sanno neanche ancora che
acquisteranno quella casa, è materialmente difficile
favorire il coinvolgimento.
I progetti infrastrutturali presentano
ulteriori specificità, legate agli impatti ambientali che
sovente determinano. Questi si
riflettono in costi esterni concentrati ad esempio su chi
26
abita vicino allautostrada, alla
discarica e così via e benefici diffusi alla collettività che
necessita di quellinfrastruttura.
Per questo sovente si scatenano conflitti tra abitanti locali
e promotori del progetto, che in
questo caso rappresentano prevalentemente gli interessi
di chi gode dei benefici diffusi, ma
possono negoziare modifiche e compensazioni con gli
abitanti locali.
Programmi urbani complessi
I programmi urbani complessi
rappresentano una delle più importanti innovazioni recenti
in materia di gestione del cambiamento
urbano. Essi sono strumenti per la definizione e
gestione del cambiamento urbano che
riguardano unarea ben definita, in genere un
quartiere o comunque un ambito che si
auto-identifica anche come comunità locale e ha
al suo interno problemi pressoché
omogenei. I temi trattati da questi programmi
riguardano la riqualificazione e
rigenerazione di quartieri urbani degradati.
Un programma urbano si definisce complesso
e integrato perché prevede una
molteplicità di tipologie di
intervento e, per conseguenza, una pluralità di canali di
finanziamento sia pubblici sia privati
(DM 21 dicembre 1994). Esso si caratterizza per
avere obiettivi di riqualificazione e
sviluppo che riguardano ambiti diversi:
· ambiente fisico e naturale locale;
· economia locale;
· aspetti sociali locali.
Questi programmi sono uno dei campi
più fertili per la diffusione di un approccio
partecipativo per diversi motivi.
Innanzitutto la loro nascita si lega storicamente ad
unidea implicita di costruzione
sociale della trasformazione urbana, che, come già visto,
è legata al concetto di
partecipazione. Inoltre i programmi presuppongono un approccio
fondato sul concetto di partenariato,
quale meccanismo per garantire lefficacia,
efficienza e sostenibilità del
processo di trasformazione. In questottica la rigenerazione
urbana di un tessuto fisico non può
essere disgiunta da quella socio-economica e dal
coinvolgimento della comunità locale.
Il concetto di partenariato nasce dallidea del
coinvolgimento dei privati, ma man
mano si estende a tutti gli attori locali. A questi dati si
aggiunge un maggiore orientamento
verso gli effetti/impatti rispetto alla pianificazione e
progettazione che facilità una
prospettiva rivolta alla produzione di esiti che soddisfino il
maggior numero di attori, piuttosto
che percorsi procedurali di tipo burocratico ed
autoreferenziale.
Recentemente è stato suggerito un
elenco di possibili reazioni che la partecipazione nei
programmi di rigenerazione urbana
hanno comportato (European Foundation, 1999):
· gli abitanti che rispondono in massa
ed entusiasticamente ad una consultazione;
· gli abitanti che partecipano
direttamente nelle strutture di gestione dei programmi;
· gruppi ed organizzazioni locali che
portano avanti progetti che sono parte del
programma;
· gli abitanti che promuovono aggiuntive
e diverse forme di sviluppo economico locale.
27
Da questi impatti si evince che lattrattiva
del coinvolgimento degli abitanti, intesi anche
come forze sociali, produttive e
culturali locali è quello di mobilitare risorse che
contribuiscano alla sostenibilità di
lungo periodo di un processo di rigenerazione,
secondo unipotesi di sviluppo
endogeno sul lungo periodo basate sulle caratteristiche
della comunità locale.
1.3. Lenorme varietà di
approcci
Nella teoria e nella pratica della
partecipazione, cresciute notevolmente negli ultimi 20-30
anni, esistono ormai moltissimi
approcci diversi. Con il termine approccio sintende qui
un quadro teorico o empirico alla
partecipazione che può essere applicato in diverse
circostanze e non è quindi definito
da ununica esperienza. La scelta di un approccio
piuttosto che un altro rivela anche
quello che si sta cercando di ottenere dal processo
partecipativo e come lo sinterpreta.
Gli approcci, metodi e tecniche qui
riportati sono solo alcuni tra i più rappresentativi di
unampia produzione, per
conoscere la quale più nel dettaglio si rimanda alla letteratura
esistente (vedere riferimenti nella
bibliografia finale). In questo capitolo si fa riferimento
ad approcci ampiamente usati in ambito
internazionale e si riportano nelle box di
accompagnamento al testo alcuni casi dapprofondimento.
E da notare che da questa
trattazione sono esclusi approcci
importanti che riguardano una dimensione diversa da
quella del singolo processo di
trasformazione, cioè quelli relativi ad approcci che
favoriscono lo sviluppo di comunità,
ossia la formazione di gruppi locali e strutture formali
o informali che si occupano di temi
specifici per il contesto locale, interessandosi nel
corso degli anni a diversi progetti.
La partecipazione richiede cura ed
investimento in termini di organizzazione degli eventi per la
comunicazione e interazione dei
partecipanti. Spesso devono essere adibite strutture temporanee mostre,
percorsi informativi, modelli
tridimensionali, ecc. - in grado di informare e permettere la partecipazione di
notevoli quantità di abitanti.
Fonte: Wates, 2000
Allinterno di un approccio
partecipativo si possono trovare metodi e tecniche diversi per
raggiungere gli obiettivi posti. I
metodi rappresentano diverse e alternative interpretazioni
operazionali degli approcci, ed
individuano puntualmente come preparare e condurre un
28
processo partecipativo nel suo
complesso. Le tecniche sono strumenti con fini
conoscitivi, analitici,
rappresentativi, comunicativi e così via, mirati a risolvere singoli
passaggi operativi allinterno
dellapproccio metodologico scelto. Metodi diversi usano
spesso tecniche simili, ad esempio per
raccogliere informazioni, preferenze o giungere a
decisioni condivise. E però
anche vero che non sempre è facile distinguere tra metodi e
tecniche perché molte tecniche sono
usate in alcune circostanze come processi a sé
stanti, con una propria utilità.
Molte delle tecniche, quali quelle
sulla gestione di dinamiche di gruppo, vengono da
campi anche molto lontani dalla
pianificazione e progettazione dellambiente costruito
come la psicologia, applicata a
contesti di dinamiche di gruppo e promozione del
cambiamento nei contesti più diversi,
compresi quelli del settore privato. Specifiche del
tema della trasformazione del
territorio, oggetto di questo lavoro, sono invece le
numerosissime tecniche di
comunicazione e elaborazione comune del dato fisico del
progetto di trasformazione urbana.
Trattandosi spesso di temi di non facile comprensione
per chi non è abituato a leggere
strumenti quali rappresentazioni planimetriche, o
immaginare oggetti tridimensionali, il
tema è stato risolto brillantemente da alcune
tecniche che permettono di mettere
tutti sullo stesso piano di comprensione e
discussione del problema.
Lo scopo di questo capitolo è di
presentare una rassegna commentata dei principali
approcci esistenti per cominciare ad
indagare cosa significa in concreto adottare un
approccio partecipativo. Gli approcci
verranno distinti sulla base dei gradini della scala
della partecipazione indicata in
1.1.3, al di sopra del livello della non-partecipazione
decidi-annuncia-difendi, ossia:
· informazione/comunicazione;
· consultazione;
· collaborazione/coinvolgimento attivo;
· autoproduzione/autogestione.
Nei paragrafi che seguono, per ognuno
degli approcci presentati si presentano i concetti
principali, e si analizza il modo in
cui si affrontano una serie di questioni, quali:
· chi promuove la partecipazione;
· a quale scopo viene promossa;
· come è e strutturato il processo di
partecipazione (metodo);
· quale è lampiezza dellambito
di partecipazione.
29
1.3.1. Informazione/comunicazione
Come analizzato in 1.1.3 linformazione
e la comunicazione sono elementi essenziali per
la promozione di un dialogo e scambio
di risorse di varia natura tra amministrazione e
cittadini, gruppi locali e comunità,
ma anche con tutti gli altri attori coinvolti. In termini di
approcci, è possibile distinguere tra
due livelli principali:
· informazione passiva;
· informazione interattiva.
Informazione passiva
La maggior parte dellinformazione
viene diffusa in modo attivo da parte di chi la diffonde
e accolta in modo passivo da parte di
chi la riceve. La passività di chi riceve implica che,
anche volendo, non si può reagire
immediatamente, direttamente e facilmente, cioè non
si può iniziare un dialogo con chi ha
fornito linformazione sui contenuti della stessa. Per
cogliere limportanza in termini
di diffusione di questo tipo dinformazione, basti pensare a
tutte le informazioni che vengono
prodotte e divulgate quotidianamente tramite i giornali,
la televisione, internet, la
pubblicità in buca, nei giornali, per strada e così via, la
documentazione che ci forniscono gli
uffici pubblici, ecc. Le società più sviluppate
producono tantissima informazione di
questo tipo, in quantità non assimilabili dal singolo
individuo, combinando spesso tra loro
nello stesso strumento informativo fatti ed opinioni.
Nel campo delle trasformazioni urbane
questo tipo dinformazione diffusa continua però
ad essere piuttosto limitata e
destinata agli addetti ai lavori. La maggior parte delle
informazioni compaiono infatti su
riviste di settore o vengono scambiate direttamente tra
professionisti e addetti ai lavori
usando linguaggi specialistici non facilmente accessibili.
Tra gli approcci si possono segnalare:
· distribuzione di materiale informativo
stampato (pubblicazioni, newlsetters, volantini,
inserti nei giornali, ecc.);
· messa a disposizione di materiale in
luoghi accessibili (biblioteche, scuole, uffici
pubblici, sportelli appositamente
adibiti);
· conferenze stampa;
· servizi televisivi, radiofonici;
· siti web.
Tab.1.3 Informazione passiva
Esempi di metodi/tecniche A chi si
rivolge Descrizione
Distribuzione materiale
informativo stampato
Tutta la comunità sulla base di
elenchi
anagrafici oppure cittadini inseriti in
mailing list
Messa a disposizione di
materiale in luoghi pubblici e
facilmente accessibili
Tutta la popolazione oppure fasce di
popolazione specifiche (ad es. studenti
delle scuole)
Conferenze stampa Giornalisti e
indirettamente lettori di
giornali, utenti televisivi o
radiofonici
Servizi televisivi, radiofonici Utenti
televisivi o radiofonici
Siti web Cittadini che possiedono il
necessario
livello di conoscenza tecnologica e la
possibilità di accedere facilmente
alla rete
Ampia diffusione di informazioni in
relazione ad un problema, una
strategia,
un progetto
Annuncio o aggiornamenti successivi su
iniziative, decisioni, sviluppi del
processo
dattuazione
30
Informazione interattiva
Ad un grado più elevato di
partecipazione, linformazione viene fornita in un contesto nel
quale è già previsto il modo per
ottenere un feedback (commenti, opinioni, integrazioni
informative) da parte di chi ha
ricevuto linformazione. Oltre alla raccolta delle
informazioni da parte dellamministrazione
su, ad esempio, cosa pensano i propri cittadini
di una certa ipotesi di progetto,
senza però un impegno a rendere conto di come si è
valutata linformazione raccolta,
può anche essere però prevista una modalità di scambio
delle informazioni da parte di vari
attori, anche di tipo non gerarchico, cioè in cui nessuno
può controllare quali informazioni
circolano.
Tra gli approcci principali si possono
elencare:
· sportelli informativi sul progetto di
trasformazione aperti nel quartiere;
· consiglio comunale aperto;
· incontri mirati a certi gruppi su
specifici problemi;
· Architecture Center, Urban Center;
· siti web interattivi, newsgroups e
altre nuove tecnologie;
· open
house;
· activity
week;
· roadshow.
Molte attività dinformazione
interattiva sono in realtà la base per processi di
partecipazione più ampia poiché
tendono a gettare le basi per processi più strutturati volti
non solo allampliamento e
condivisione del processo conoscitivo ma ad un
approfondimento comune dei problemi,
fino alla discussione sui possibili interventi da
compiere per migliorare la situazione
esistente, un progetto in corso di definizione, un
approccio alla gestione del patrimonio
edilizio, e così via. Ad esempi, gli Urban Centre
americani ma anche molti sportelli per
programmi comunitari quali Progetti Pilota Urbani,
URBAN o nazionali quali i Contratti di
Quartiere hanno ormai adottato approcci simili,
creando spazi di confronto con una
sede nel quartiere che diventano il luogo
dellinformazione e scambio didee
ma anche di altre occasioni di partecipazione.
Tab 1.4 Informazione interattiva
Esempi di metodi/tecniche A chi si
rivolge Descrizione
Sportelli informativi Cittadini
appartenenti alla comunità locale
in cui è attivato lo sportello
Servizio permanente di diffusione di
informazioni approfondite su singoli
temi
e in risposta a quesiti specifici e
raccolta
osservazioni, commenti, opinioni
Consiglio comunale aperto Cittadini
interessati a specifiche decisioni
Gruppi di interesse
Introduzione meccanismi di maggior
trasparenza del processo decisionale
Possibilità di prevedere spazi per
lesposizione di osservazioni
Incontri mirati a certi gruppi su
problemi specifici
Partecipanti al gruppo di discussione
individuati sulla base dellanalisi
dei
gruppi locali
Singoli cittadini interessati
Diffusione occasionale di informazioni
approfondite su singoli temi e in
risposta
a quesiti specifici e raccolta
osservazioni,
commenti, opinioni
31
(segue)
Architecture Center, Urban
Center
Membri della comunità locale
Diffusione di informazioni approfondite su
singoli temi
Attività di educazione, assistenza a
gruppi locali
Creazione di tavoli di negoziazione
Siti web interattivi, newsgroups
e altre nuove tecnologie
Cittadini che possiedono il necessario
livello di conoscenza tecnologica e la
possibilità di accedere alla rete
Diffusione di informazioni approfondite
su
singoli temi attraverso strumenti
legati
allinformation technology e
raccolta
osservazioni, commenti, opinioni
Open house Membri della comunità
locale Modello strutturato per la diffusione di
informazioni approfondite su singoli
temi
e raccolta osservazioni, commenti,
opinioni
Approccio: Informazione interattiva
Metodo: Architecture Center e Urban
Center
Lesperienza degli Urban Center si
è sviluppata soprattutto in ambito statunitense a partire
dagli anni 60, su iniziativa di
associazioni culturali, categorie professionali del settore
urbanistico, centri di ricerca e
università. Gli Urban Center attualmente attivi in molte grandi
città americane svolgono funzioni
diverse, fortemente legate al contesto culturale in cui
liniziativa è nata e ai problemi
dellarea urbana di interesse. Tali attività consistono nella
definizione di proposte da presentare
allamministrazione pubblica, istituzione di tavoli di
negoziazione e risoluzione di
conflitti, informazione e divulgazione sui temi dello sviluppo
urbano e della qualità ambientale,
assistenza e consulenza professionale a gruppi di
cittadini che intendono realizzare
progetti di sviluppo locale, iniziative e dibattiti sui maggiori
problemi esistenti o sugli interventi
in corso nella città.
E stata recentemente condotta una
ricerca sulla possibile introduzione di tali strutture anche
nel nostro paese, nella quale sono
state individuate, con riferimento alla realtà metropolitana
milanese, le possibili funzioni da
affidare a un Urban Center:
· favorire la costruzione di
problemi consensuali, attraverso il coinvolgimento di un
ampio spettro di attori;
· favorire lo sviluppo di un dibattito
ampio attorno ai problemi, prima ancora che attorno
alle soluzioni; sviluppare cioè negli
attori in gioco la coscienza che i problemi più che i
progetti, costituiscono il nodo
cruciale attorno al quale costruire linterazione;
· favorire lo sviluppo di una capacità
propositiva, progettuale, da parte di tutti gli attori in
gioco, e in particolare da parte degli
attori che non possiedono autonomamente le
risorse necessarie a sviluppare tali
capacità (come ad esempio gli attori locali);
· favorire lutilizzo del patrimonio
conoscitivo prodotto da tutti gli attori in gioco, e in
particolare di quelle conoscenze più
scarsamente legittimate, in quanto non protette dal
carattere scientifico- disciplinare;
· favorire linterazione fra gli
attori nellambito di logiche negoziali, ad esempio stabilendo
arene neutrali
(Fareri, 1995).
Gli Architecture Center (o più
correttamente, Centre, essendo inglesi) sono una versione
inglese simile agli Urban Center ma
più recente. Si tratta di spazi aperti nei quartieri per
facilitare il processo di
coinvolgimento dei cittadini, che offrono possibilità di discussione su
progetti di trasformazione a diverse
scale, mostre con disegni, plastici, foto, seminari e
laboratori per diversi gruppi di
cittadini. I centri devono rimanere in funzione per minimo tre
anni per innescare un processo di
appropriazione da parte della popolazione locale ed
essere in grado di avere un impatto. Si
tratta quindi di un impegno notevole, che deve
essere sostenuto dallamministrazione
o dal partenariato che ha deciso di istituire il centro.
E interessante notare che in Gran
Bretagna esiste un networks di questi centri che ne
coordina le attività.
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Approccio: Informazione interattiva
Metodo:
Open House
Fonte:
Wates, 2000
Open house è il nome per un evento a
metà strada tra una mostra tradizionale e un vero e
proprio laboratorio di partecipazione.
Viene trovata una sede nel quartiere dove si sta
ipotizzando un progetto di
trasformazione dove si allestisce una mostra nella quale è
possibile esprimere le proprie opinioni
e preferenze attraverso tecniche particolari, quali la
scrittura di post-it con messaggi a
favore o contro una certa proposta, commenti su possibili
scenari, ecc. Facilitatori esperti
assistono e spiegano i materiali presenti e accompagnano i
visitatori nel loro percorso in modo
informale.
Approccio: Informazione interattiva
Caso: Programma di Riqualificazione
urbana
Località: Caltanissetta
Il Programma di riqualificazione si
inseriva nellambito della variante del centro storico,
adottata nel 1991 e approvata nel 1995
e rientrava nelle finalità del nuovo Piano Regolatore
Generale, in corso di redazione, ossia
la manutenzione ed il recupero. Il Programma aveva
lobiettivo di recuperare e
valorizzare il centro storico degradato tramite le seguenti azioni:
· incentivare lo sviluppo economico della
città;
· recuperare il patrimonio edilizio;
· provvedere alla sistemazione degli
spazi pubblici;
· valorizzare le caratteristiche storicoculturali
del centro storico;
· coinvolgere i cittadini in un programma
partecipato e trasparente.
Il tema della riqualificazione del
centro storico pone particolari sfide per quanto riguarda la
necessità di coinvolgere gli abitanti
nellavvio e sostegno al processo. E infatti riconosciuto
che i processi di riqualificazione
urbana non si avviano facilmente da soli, malgrado
lesistenza di un gap finanziario
tra valore del suolo - in questo caso centrale quindi molto
pregiato - e valore delledificio
nello stato di manutenzione in cui si trova e quindi possibilità di
reddito. Per determinarne lavvio
è necessario che il processo sia promosso da un attore
pubblico o da un grande proprietario
privato. In una situazione come quella dei centri storici la
proprietà è normalmente molto
frammentata. A nessun piccolo proprietario conviene dunque
iniziare il processo, sobbarcandosi
delle spese che dipendono dalla situazione di degrado
complessivo, che un singolo soggetto
non può modificare. Tutti hanno convenienza ad
aspettare che qualcunaltro
cominci, determinando quindi laumento dei prezzi delle case. Nel
momento in cui un attore pubblico si fa
però promotore, come nel caso di Caltanissetta, il
coinvolgimento degli
abitanti/proprietari diventa però un dato significativo e unopzione
praticabile, nonché necessaria per
costruire un processo di riqualificazione capace di autosostenersi.
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(segue)
In questottica, il consulente
incaricato Ecosfera ha approntato degli strumenti volti a favorire
la partecipazione degli abitanti al
processo. In particolare sono stati predisposti quattro inviti
pubblici ed attivato lo sportello
comunale per ladesione di proprietari di alloggi privati (156
proprietari di alloggi da recuperare e
13 proprietari dellarea dismessa), nonché la
pubblicizzazione tramite reti. Il
Comune si è avvalso di un Avviso Pubblico per la raccolta e la
valutazione delle proposte di
intervento per lattuazione di un programma di riqualificazione
urbana nel centro storico della
città con cui invitava i soggetti privati (soggetti proprietari
singoli o consorziati ed operatori
economici) a presentare proposte per il recupero di immobili
a scopo residenziale e non
residenziale.
La costruzione di accordi mirati al
coinvolgimento del privato nellelaborazione e
nellesplicazione di interventi di
ristrutturazione urbanistica e di recupero del patrimonio edilizio
è stato un aspetto fondamentale per lefficacia
di questo strumento. Il percorso adottato, per
quanto innovativo nel contesto locale,
ha permesso di creare uninterazione e avviare una
collaborazione tra abitanti ed
istituzioni che ha significativamente aiutato la fattibilità del
processo.
Approccio: Informazione interattiva
Caso: Informazione pubblica e nuove
tecnologie
Località: Vienna, Austria
A partire dal 1990, il governo
municipale di Vienna ha individuato alcuni ambiti di intervento
riguardanti i temi del traffico e della
priorità del trasporto pubblico, dellespansione urbana e
della riqualificazione della
Yppenplatz. Nella definizione del progetto, lautorità locale ha
invitato il coinvolgimento attivo della
cittadinanza, secondo un programma definito
dallUfficio Relazioni con Il
Pubblico, allo scopo di favorire un progressivo aumento della
trasparenza allinterno delle
procedure politicoamministrative. Il programma ha compreso
la pubblicazione di piani e delibere
nelle fasi preliminari di realizzazione dei progetti, la
raccolta delle osservazioni presentate
dai soggetti coinvolti fino alla creazione di gruppi di
lavoro composti da cittadini e esperti,
moderati da soggetti esterni al processo e la
disponibilità degli amministratori ad
intervenire nei dibattiti e a fornire informazioni
dettagliate.
Allinterno di questo processo di
partecipazione più ampio, è interessante sottolineare il
particolare rilievo dato alla
progettazione di meccanismi attivi della comunicazione sul
progetto. In particolare, linterazione
tra amministrazione e cittadini è avvenuta attraverso la
costituzione di una rete civica dotata
di servizi interattivi (mailing list, forum, speech boxes,
sistemi informativi geografici), linstallazione
diffusa di totem informativi, la distribuzione di
CD-rom interattivi relativi ad alcuni
progetti di trasformazione. E stato inoltre ideato un
originale servizio telefonico di
quartiere che consente di selezionare che tipo dinformazioni
sintende ascoltare e poi
registrare un proprio contributo al dibattito.
Approccio: Informazione interattiva
Caso: Participation Project
Località: varie municipalità in
Finlandia
Il Ministero degli Interni finlandese
ha promosso un progetto a livello nazionale che vede la
partecipazione di oltre cinquanta
municipalità al fine di aumentare le possibilità dei cittadini
di partecipare e influenzare le
decisione pubbliche. Il progetto nasce dalla consapevolezza
della perdita di fiducia da parte dei
cittadini di potere realmente influire sulle decisioni e la
corrispondente diminuzione della
partecipazione elettorale.
Il Participation Project si
sviluppa attraverso il supporto finanziario, il monitoraggio e la
valutazione degli esperimenti pilota,
la diffusione delle best practice nazionali e straniere e la
possibilità di intervenire sul sistema
legislativo e amministrativo per favorire il
raggiungimento degli obiettivi. Il
Ministero è responsabile del coordinamento del progetto,
del suo sviluppo generale e della sua
valutazione. Le singole municipalità sono responsabili
dellimplementazione dei progetti
locali di partecipazione, il cui contenuto può comprendere:
34
(segue)
· lo sviluppo del dialogo tra istituzioni
e cittadini attraverso incontri a tema, sessioni di
domande, laboratori comuni;
· la creazione di gruppi di quartiere con
capacità di dialogare e influenzare le decisioni;
· la definizione delle caratteristiche
dei servizi pubblici in collaborazione con i loro utenti
(carte dei servizi, sistemi di
feedback, valutazione da parte di gruppi di consumatori);
· la partecipazione attiva dei giovani e
bambini (parlamentini, esperienze di
partecipazione nelle scuole);
· laumento della produzione e
circolazione delle informazione attraverso le nuove
tecnologie (forum digitali, siti web,
ecc.).
1.3.2. Consultazione
Come visto in 1.1.3, la consultazione
che supera il livello della semplice comunicazione
prevede unintenzionalità da
parte del settore pubblico, o in altre circostanze del
partenariato publico-privato, di
ascoltare e indagare in modo strutturato e tenere conto
delle preferenze così espresse.
Rispetto ad alcuni metodi di informazione interattivi
(1.3.1) che prevedono già alcune
modalità di ascolto, la differenza è nella volontà da
parte di chi ha predisposto il
meccanismo di ascolto di usare queste informazioni raccolte
per indirizzare sia le analisi che le
ipotesi di trasformazione in corso di elaborazione.
Sono cioè i metodi in cui si comincia
ad avere effettiva partecipazione nel senso di
influire in qualche modo
sul processo ed i suoi esiti.
In questo capitolo si distinguono due
modalità di consultazione:
· raccolta aperta opinioni/preferenze;
· ascolto strutturato su alternative
definite.
Raccolta aperta opinioni/preferenze
Nelle metodologie di raccolta aperta
di opinioni e preferenze lobiettivo è quello di
utilizzare il patrimonio conoscitivo
locale, le percezioni e valutazioni che gli abitanti
possono fornire sui problemi di unarea
e le proposte di trasformazione come un
contributo complessivo alla
definizione del progetto. Adottando approcci di questo tipo, gli
esperti e amministratori riconoscono
che vi è nella comunità locale un patrimonio di
conoscenze, informazioni e capacità
valutative che con i mezzi tradizionali di analisi nei
quali non si raccolgono le voci
degli abitanti non verrebbero colte e sarebbero quindi
non utilizzate.
In particolare tra questi metodi si
possono segnalare:
· questionari, interviste, ricerche di
mercato;
· cataloghi di scelte;
· metodi sul campo
(osservatorio mobile, video box, ecc.);
· valutazione partecipata
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Tab 1.5 - Raccolta aperta
opinioni/preferenze
Esempi di metodi/tecniche A chi si
rivolge Descrizione
Questionari, interviste, ricerche
di mercato
Campioni individuati su base statistica
Interlocutori privilegiati
Strumenti convenzionali di raccolta
osservazioni, commenti, opinioni
Cataloghi di scelte Gruppi ristretti di
residenti Raccolta di preferenze della popolazione
su temi di progettazione urbana o
edilizia
Metodi sul campo
(osservatorio mobile, video box,
ecc.)
Membri della comunità locale Raccolta
osservazioni, commenti,
opinioni attraverso postazioni locali
e/o
interattive
Valutazione partecipata Campioni
individuati su base statistica
Interlocutori privilegiati
Costruzione di un profilo della
comunità
locale, delle aspirazioni e degli
obiettivi di
sviluppo attraverso il contributo della
comunità stessa
Approccio:
Caso: valutazione partecipata
Le metodologie di valutazione
partecipata (community appraisal o participatory appraisal)
prevedono linstaurazione di un
rapporto diretto tra alcuni esperti/ricercatori/facilitatori e dei
rappresentanti attivi allinterno
della comunità locale. Lobiettivo può consistere
nellindividuazione di interventi
di sviluppo per il territorio o nella valutazione di progetti già in
atto, quello che conta è che questa
analisi viene condotta allinterno della comunità da
membri appartenenti ad essa. Questa
caratteristica consente di attivare una conoscenza
locale che, attraverso i normali canali
di consultazione di tipo burocratico e amministrativo,
non riesce ad emergere.
Il processo avviene normalmente
attraverso la costituzione di un gruppo di lavoro
esperti/cittadini e la preparazione di
un questionario di valutazione dei problemi da affrontare
sul territorio, da effettuare presso un
numero percentualmente alto di residenti. I risultati
vengono in seguito analizzati e
riassunti in un rapporto, completato da azioni e priorità di
intervento individuate allinterno
del gruppo di lavoro con la collaborazione di altri soggetti
attivi sul territorio. Il documento
viene poi diffuso e discusso con lamministrazione e con la
comunità locale alfine di giungere a
un piano dazione condiviso.
Ascolto strutturato su alternative
definite
I processi di consultazione su
alternative preliminarmente individuate mirano a
raccogliere le preferenze in relazione
alle alternative stesse, in modo da tenerne conto o
anche usarle come metro di valutazione
principale tre le diverse alternative. Il grado di
definizione delle alternative stesse
può variare e vi sono consultazioni nelle quali vi è un
margine per rivederne il contenuto, ma
in ogni caso si tende ad uscire dal processo di
consultazione con lapprovazione
a maggioranza, idealmente a unanimità, di una
alternativa. Si tratta quindi di un
insieme di metodi non mirati a costruire in modo
condiviso un problema e giungere in
modo comune alla soluzione, ma arrivare il più
rapidamente possibile alla soluzione
che suscita maggiore consensi.
Tra i metodi, alcuni di rilievo sono:
· consultazione pubblica;
· referendum;
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· raccolta organizatione;
· Citizen Juries;
· consultazione on-line.
In simili processi di consultazione,
la definizione delle regole ha estrema importanza. Si
cercherà infatti di non lasciare
spazio a critiche sulle modalità di partecipazione adottate,
poiché queste hanno portato ad una
decisione che verrà poi adottata, o perlomeno avrà
uninfluenza rilevante sui
passaggi decisionali successivi. Non a caso alcuni di questi
approcci sono infatti definiti da
regole che derivano o si ispirano ai sistemi legali o politici
di espressioni di valutazioni
informate o preferenze popolari (Citizen Juries e
referendum).
Molto spesso le alternative tra cui
scegliere vengono limitate a due, in alcuni casi
secondo il modello referendum dellalternativa
sì/no, che mira allidentificazione
dellopinione di maggioranza sul
dilemma se procedere o non procedere con unipotesi di
cambiamento. Con la limitazione a due
alternative ben definite si ritiene di semplificare il
confronto, non aggiungendo troppe
variabili ad una scelta molto spesso già difficile. Infatti
quando viene scelto il modello del
ballottaggio, è altamente probabile che la decisione sia
sostenuta e osteggiata in modo forte
da opposte fazioni, o comporti giudizi di valore
difficilmente risolvibili da un
approccio razionalista al problema. Il decisore ritiene quindi
di non potersi assumere la facoltà di
agire secondo i poteri di rappresentanza attribuiti e
rimanda quindi la decisione agli
elettori o ai cittadini locali interessati da un progetto.
Bisogna notare però che se il grado dinfluenza
dei cittadini sulla decisione è alto,
ovviamente ammesso che partecipino al
referendum, la qualità della loro partecipazione
allapprofondimento della
questione oggetto di consultazione è limitata alla domanda che
viene posta. Non è infatti possibile
dire altre opinioni o suggerire soluzioni intermedie,
diverse, ecc.
Tab 1.7 - Ascolto strutturato su
alternative definite
Esempi di metodi/tecniche A chi si
rivolge Descrizione
Consultazione pubblica Tutta la
comunità Assemblee pubbliche strutturate per
valutare la distribuzione delle
preferenze
in merito alle alternative definite
Referendum Tutta la comunità
Espressione di una preferenza sì/no
sullopportunità di procedere o
non
procedere con unipotesi di
cambiamento
Raccolta organizatione Tutta la comunità
Azione per iscrivere nellagenda politica
un problema specifico, per contrastare
una decisione, per sostenere
unalternativa
Citizen Juries Ristretto gruppo di
rappresentanti dei
diversi gruppi locali, scelti per il
loro grado
di rappresentatività della comunità
locale
Il problema viene analizzato sentendo
la
testimonianza delle diverse
parti
coinvolte. La giuria
presenta un rapporto
di conclusione al termine del dibattito
Consultazione on-line Cittadini che
possiedono il necessario
livello di conoscenza tecnologica e la
possibilità di accedere facilmente
alla rete
Le diverse alternative vengono
illustrate
attraverso lutilizzo di pagine
web tramite
le quali è possibile poi esprimere la
propria preferenza con un parere
elettronico
Sebbene qualunque tecnica possa essere
utilizzata per ottenere gradi di coinvolgimento
e partecipazione più o meno elevati,
vi sono tipologie maggiormente indicate per
conseguire obiettivi di semplice
comunicazione delle strategie, come ad esempio gli
incontri pubblici e le tecniche di
informazione, ed altre più naturalmente utilizzate per
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attivare processi collaborativi e di
progettazione partecipata. Tra queste ultime vi sono
alcune che hanno subito una più ampia
diffusione e che sono state applicate con
successo anche in Italia.
Approccio: Ascolto strutturato su
alternative definite
Caso: Consultazione on line - Lugo
di Romagna, web del Piano Regolatore
Nel 1996, durante la redazione della
variante del Piano Regolatore Generale,
lamministrazione comunale di Lugo
di Romagna, ha utilizzato uno strumento per il
coinvolgimento della popolazione,
basato su un interfaccia Web. Tale scelta, motivata da
una volontà di rendere trasparente il
processo di piano, ha potuto usufruire dellesistenza di
una rete civica e di condizioni di
accesso pubblico e gratuito alla rete da parte della
comunità locale. Il sito Web,
realizzato in collaborazione con il Laboratorio Stratema
dellIstituto Universitario di
Architettura di Venezia, è composto da due sezioni denominate
informarsi e partecipare.
La prima sezione dà accesso a materiali di documentazione sulla
storia e levoluzione urbanistica
del territorio e alla proposta di Variante. La seconda, più
interessante nellottica dellapproccio
alla partecipazione, propone diverse possibilità di
interazione tra cittadini e
amministrazione.
Esse sono: la mappa delle idee
che implementa nel sistema informativo una tecnica di
pianificazione partecipata del tipo Planning
for Real; scrivi al piano che consente un
dialogo diretto con gli uffici di
pianificazione attraverso le-mail; rispondi al piano da cui si
accede ad un questionario elettronico
per esprimere preferenze sulle scelte di piano; gioca
con il piano un gioco di
simulazione volto ad accrescere la comprensione da parte degli
utenti della complessità dei processi
decisionali.
www.racine.ra.it/lugo/prg/index.html
1.3.3. Collaborazione/coinvolgimento
attivo
In alto nella scala della
partecipazione vi è la capacità di costruire senso insieme. Alla
comunità è in questo caso
riconosciuta la possibilità di determinare le scelte sia di tipo
strategico sia progettuale. Spesso le
due dimensioni sono affrontate insieme: a decisioni
che riguardano genericamente le
aspirazioni, le esigenze, i problemi dei residenti di
unarea urbana o di un territorio
più vasto, si accompagnano precise ipotesi progettuali ed
iniziative di sviluppo economico e
sociale.
Il processo di collaborazione o
coinvolgimento attivo richiede metodi particolari che
consentano a tutti gli attori e
abitanti di lavorare realmente insieme. Questa esigenza,
difficile da soddisfare date le
differenze di capacità comunicative, conoscenze locali o
tecniche, informazione e così via, ha
determinato la produzione di una notevole quantità
di metodi anche piuttosto raffinati,
che spesso vengono associati al termine di
partecipazione in generale. I metodi
si possono classificare a grandi linee in cinque
famiglie di approcci:
· creare visioni/strategie comuni;
· progettare a scala urbana;
· progettare a scala edilizia;
· conoscere/valutare;
· educare/esplorare.
Come in tutti i processi partecipati,
il ruolo del facilitatore risulta determinante in quanto
deve assicurare lo svolgimento nei
tempi e nei modi previsti, intervenire nei conflitti che
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possono generarsi tra alcuni attori,
ma soprattutto garantire che i risultati della
consultazione verranno considerati e
inseriti allinterno delle future azioni di sviluppo.
Approcci per creare visioni/strategie
comuni
Il termine visioning
unisce la volontà di costruire un quadro di valori comuni, che
rappresentino una situazione di
prosperità e benessere per la collettività, con la necessità
di definire un sistema di obiettivi,
strategie ed azioni capaci di orientare lo sviluppo nella
direzione desiderata. Attraverso
attività di visioning, i cittadini si incontrano per costruire
unimmagine condivisa del proprio
futuro; una volta che questa immagine è stata creata,
possono quindi cominciare a lavorare
per conseguire il proprio obiettivo.
Le esperienze di community
visioning prevedono un ampio coinvolgimento di tutti i settori
della comunità locale nella
definizione di unagenda di obiettivi, strategie ed azioni, in
grado di trasformare la propria città
o regione in a great place to live, to work and to visit.
Ladozione di un tale modello di
governo si sviluppa in contesti caratterizzati da una forte
cultura democratica e prevede il
ricorso a differenti strumenti partecipativi, di cui la vision
costituisce lo scenario di riferimento
e il quadro di coordinamento per le diverse attività.
Il community visioning, che
vede nellesperienza dellOregon un momento fondativo, si è
diffuso in maniera consistente negli
Stati Uniti, in Canada, in Nuova Zelanda e in
Australia, anche se è possibile
riscontrare numerosi esempi di applicazione in tutti i paesi
del nord Europa. E interessante
citare il caso della città di Vancouver nel Canada che,
nellultimo decennio, ha
intrapreso uno tra più i completi e ambiziosi percorsi di
trasformazione dellattività
amministrativa, nella direzione del massimo coinvolgimento
della cittadinanza nei processi
decisionali.
Le tecniche di community visioning si
basano su un sistema di governo cooperativo,
caratterizzato da una forte diffusione
delle informazioni tra i diversi attori, che adempie
efficacemente ad una funzione di strutturazione,
diretta ad operare le scelte circa i valori,
gli orientamenti di fondo e gli scopi
delle azioni di pianificazione, per organizzare intorno
ad essi il processo decisionale.
La legittimità assicurata dalla presenza di una visione
ampiamente condivisa, consente inoltre
di porre in essere anche le altre funzioni proprie
della pianificazione: quella progettuale,
intesa a delineare le ipotesi di possibili
trasformazioni degli usi del suolo
utili a perseguire gli orientamenti di fondo individuati
dalle strategie e quella regolativa
diretta a riconoscere formalmente i diritti di uso e di
proprietà del suolo e, in questo
modo, a garantire i valori del suolo, reali e attesi(Mazza,
1996).
Tab 1.8. - Approcci per creare
visioni/strategie comuni
Esempi di metodi/tecniche A chi si
rivolge Descrizione
Future Search Rappresentanti dei
diversi gruppi locali,
scelti per il loro grado di
rappresentatività
della comunità locale
Processi fortemente strutturati in cui
i
partecipanti sono invitati a riflettere
sul
passato e sul presente della comunità,
formulare visioni di sviluppo futuro e
individuare gli strumenti per attuare
la
visione condivisa individuata.
Community Visioning Rappresentanti dei
diversi gruppi locali,
scelti per il loro grado di
rappresentatività
della comunità locale
Tutta la comunità
Simile al future search ma molto più
esteso temporalmente prevede anche
fasi di confronto delle ipotesi di
sviluppo
individuate con tutta la comunità
locale
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Approccio: Creare visioni/strategie
comuni
Metodo: Future Search
I processi di Future search (ricognizione
nel futuro) rappresentano un momento in cui la
comunità riflette sui possibili
scenari di sviluppo futuro, con un orizzonte temporale tra i 5 e i
20 anni, ne individua uno preferibile e
determina le azioni che è necessario intraprendere
per raggiungerlo. Questo metodo
richiede il coinvolgimento dei rappresentanti di tutti gli
interessi della comunità e la presenza
di unamministrazione fortemente motivata e
legittimata. Il Future Search è
anche una tecnica consolidata che si sviluppa attraverso un
incontro pubblico della durata di tre
giorni suddiviso in cinque fasi:
· uno sguardo al passato: in cui
vengono evidenziati i passaggi determinanti nella storia
della comunità
· la ricognizione del presente:
sono create delle mappe cognitive del territorio, con
lindividuazione dei punti di
forza e di debolezza e delle attuali tendenze di sviluppo
· la creazione di scenari futuri
ideali: piccoli gruppi di interesse sviluppano visioni ideali
del futuro e identificano gli ostacoli
alla loro realizzazione
· lidentificazione di una visione
condivisa: i
risultati dei singoli gruppi vengono messi in
comune per la identificazione di ununica
visione condivisa da tutti i partecipanti
· la definizione delle strategie:
i partecipanti si riorganizzano in diversi gruppi di interesse
per definire le azioni necessarie a
raggiungere i singoli obiettivi e si impegnano a
sostenere tali azioni.
Questo metodo richiede un grande lavoro
di preparazione soprattutto per quanto riguarda
lindividuazione e il
coinvolgimento di tutti gli interessi che devono essere rappresentati
affinché il processo possieda un
sufficiente grado di legittimazione. Daltra parte il future
search consente di raggiungere
alti gradi di consenso in una fase preliminare del processo e
quindi permette di intraprendere con
più facilità le successive azioni di sviluppo.
Il percorso psicologico dei
partecipanti nel processo di Future Search, in modo analogo a
quello di molti altri metodi di
partecipazione, implica fasi di scoramento e fasi di esaltazione
per le possibilità di esito positivo
del processo stesso, nelle quali a volte prevalgono
elementi di realismo e dialogo, oppure
diffidenza e disinteresse.
.
Fonte: Weisbord, Janoff, 1995
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Approccio: Creare visioni/strategie
comuni
Metodo: Oregon Model di
Community Visioning
LOregon Model è un approccio che
prevede un processo strutturato in quattro fasi
rappresentate da altrettante domande
(vedi figura sotto).
Fonte: Ames, 1996
Il percorso delineato non è dissimile
nei contenuti dagli studi relativi alla redazione di un piano
regolatore o di un piano territoriale
di area vasta. Vi è infatti la comune necessità di disegnare
un profilo della comunità, che nel
dibattito nazionale viene definito come lo statuto dei luoghi,
di ricostruire le attuali tendenze di
sviluppo e i possibili scenari, di stabilire uno scenario
preferenziale e conseguentemente gli
obiettivi, le strategie, le azioni necessarie alla sua
realizzazione, ordinate secondo una
gerarchia di priorità.
Ciò che differenzia in modo
sostanziale i due approcci è la natura degli attori che prendono
parte alle varie fasi del processo, e,
conseguentemente, degli strumenti utilizzati per
strutturare le relazioni tra i diversi
soggetti pubblici, privati e appartenenti alla comunità locale.
Il comprehensive community visioning
messo in atto in numerose realtà dellOregon prima, e
diffuso rapidamente negli altri stati
americani è guidato da principi guida di massimo
coinvolgimento pubblico e di
creatività.
La partecipazione dei cittadini avviene
in modo continuo attraverso la creazione di una vision
task force in rappresentanza
della comunità, e il lavoro si sviluppa tramite un fitto calendario di
workshops, incontri di
quartiere, costituzione di focus groups su specifici problemi, forum per
lanalisi degli scenari
alternativi di sviluppo. Una volta messa a punto la vision definitiva, essa
viene nuovamente sottoposta allattenzione
di tutta la collettività, con la richiesta di
osservazioni e contributi. I cittadini
intervengono anche successivamente, nel processo di
implementazione della vision allinterno
della prassi ordinaria dellamministrazione, con
specifiche task forces coinvolte
nella definizione di singoli obiettivi presenti nella strategia
generale.
41
Approccio:
Caso:
Vancouver City Plan & Community Visions Pilot Projects
Località: Vancouver, Canada
A partire dal 1992 la municipalità di
Vancouver ha attivato un lungo e articolato processo di
coinvolgimento della popolazione sulle
scelte di sviluppo del proprio territorio. Il City Plan
Directions for Vancouver (1995)
che ne è risultato è un importante documento strategico di
pianificazione per tutta la città, con
un orizzonte temporale di trentanni, che intende fornire un
quadro di riferimento per la successiva
definizione di programmi, priorità e azioni, in tutti i settori
di sviluppo della comunità.
In tre anni più di 20.000 abitanti
hanno partecipato alla definizione di una vision, attraverso la
costituzione di ristretti gruppi di
discussione (city circles), incontri pubblici di condivisione dei
risultati e definizione di documenti
preparatori. Oltre al processo generale di partecipazione,
risultano di particolare interesse le
iniziative attivate, a partire dal 1996, al fine di portare gli
obiettivi strategici complessivi ad un
livello di definizione a scala di quartiere. Sono infatti stati
lanciati due progetti pilota per le
comunità di Dunbar e di Kensington-Cedar Cottage denominati
Community Visions Program , con
lobiettivo di produrre dei documenti, corredati da cartografie,
disegni, immagini, capaci di delineare,
coerentemente con le City Plan Directions, gli obiettivi, le
azioni, le priorità e i tempi, per lo
sviluppo delle singole comunità. E stata dedicata notevole
attenzione alla strutturazione del
processo che prevede linterazione tra la totalità dei residenti, i
Community liaison groups (gruppi
di volontari in rappresentanza dei diversi interessi), il City
Plan Team (tecnici dellamministrazione),
i City Hats (personalità cittadine che sono chiamate a
esprimersi sul processo), i gruppi di
interesse attivi sul territorio e gli altri settori
dellamministrazione. Sono anche
stati istituiti diversi meccanismi rivolti a garantire la coerenza
tra il processo locale e quello di
livello cittadino e a incentivare positive interazioni tra i due
ambiti di pianificazione.
Approcci per progettare a scala urbana
A livello della scala di
trasformazione urbana che comporti la definizone di una
trasformazione quantitativa e
qualitativa dello spazio pubblico o a verde di un quartiere o
di un edificio multifunzionale o
insieme di edifici da costruire o trasformare, si trovano le
esperienze di progettazione
partecipata (community architecture o community planning)
che condividono con le tecniche di community
visioning il medesimo approccio culturale
di produzione sociale della
trasformazione. La costruzione di visioni condivise si applica
in questo caso su interventi di
recupero edilizio, di realizzazione di alloggi e di servizi per
categorie deboli o disagiate e sulla
progettazione di spazi comuni.
Gli interventi di progettazione
partecipata sono quelli che vantano una tradizione
maggiormente consolidata, che risale
ad esperienze condotte, sia in ambito
internazionale, sia nazionale, a
partire dagli anni 70, sulla scia di movimenti di
rivendicazione democratica e popolare.
Nellultimo decennio da un modello
spontaneistico di partecipazione si è passati a quello della
partecipazione organizzata,
dove si ha la certezza relativamente
ai processi decisionali, agli obiettivi strategici, alla
quantità e qualità dei risultati
(AA. VV., 1999).
42
Tab 1.9 Approcci per progettare
a scala urbana
Esempi di metodi/tecniche A chi si
rivolge Descrizione
Action Planning Event Rappresentanti
dei diversi gruppi locali,
scelti per il loro grado di
rappresentatività
della comunità locale, a volte esteso
a
tutta la comunità locale
Insieme di metodi strutturati che
prevedono la definizione condivisa di
obiettivi di sviluppo e di strategie
per
raggiungere tali obiettivi
Planning for Real Tutta la comunità
locale Un modello tridimensionale dellarea di
intervento posto al centro del processo
partecipativo per individuare problemi,
formulare ipotesi di intervento,
definire
priorità di azione
Strategic Choice I partecipanti al
processo sono divisi in
gruppi di attori distinti per
collocazione
(interna/esterna al processo) e ruolo
(politico/tecnico)
Processo ciclico interattivo nel quale
gli
attori partecipano a una serie di
sessioni
di lavoro per decidere in condizioni di
incertezza, urgenza, carenza di risorse
e
conflitti di interesse
Microplanning Ristretto gruppo di
rappresentanti dei
diversi gruppi locali, scelti per il
loro grado
di rappresentatività della comunità
locale
Processo strutturato di confronto nel
quale i partecipanti aiutati da esperti
svolgono in sequenza attività di
identificazione dei problemi, delle
strategie e delle azioni da sviluppare
European Awareness Scenario
Workshop
Rappresentanti dellamministrazione
e di
tutti i settori pubblici e privati
della
comunità
Processo di identificazione delle
differenti
combinazioni di tecnologia, politica
pubblica e azioni promosse dai privati
e
dalla società per conseguire un
modello
di sviluppo locale sostenibile
Approccio: Progettare a scala
urbana
Caso:
Action Planning
Fonte:
Hamdi & Goethert, 1997
43
(segue)
Le tecniche di Action Planning,
a differenza di altri metodi di pianificazione e progettazione
partecipata, non sono state inventate
da uno specifico ente e dunque codificate e riprodotte
nei diversi contesti locali, ma sono
piuttosto il frutto di un lungo processo di evoluzione che,
iniziato circa 30 anni fa negli Stati
Uniti si è diffuso anche in Europa soprattutto in Inghilterra
adattandosi alle differenze culturali e
sociali. LAction Planning si basa su un approccio di tipo
multidisciplinare e collaborativo e si
concretizza in eventi fortemente strutturati in cui i
rappresentanti di tutti i settori della
comunità lavorano a stretto contatto con esperti di diverse
discipline per definire azioni di
pianificazione e progettazione urbana.
Un evento di Action Planning si
sviluppa indicativamente per 4 o 5 giorni, ma vi sono esperienze
più brevi, che durano semplicemente
una giornata o altre che possono interessare un periodo di
numerose settimane. La struttura dellAction
Planning prevede in genere una fase di
introduzione e di conoscenza tra i
partecipanti, la definizione dei problemi e delle tematiche da
affrontare, lo sviluppo di proposte e
soluzioni alternative, lanalisi e la sintesi di tali proposte, la
produzione di rapporti sul lavoro
svolto o di carte o modelli di sintesi e infine una fase di
diffusione dei risultati. Nellambito
delle diverse fasi non è raro che vengono impiegate delle
altre tecniche di pianificazione
partecipata. Una particolare attenzione è dedicata alla fase di
preparazione dellevento
(pubblicità, diffusione di informazioni, conferenze) e a quella
successiva in cui il processo viene
monitorato per verificare che venga tenuto conto dei risultati
prodotti durante il lavoro con la
comunità.
Approccio: Progettare a scala
urbana
Metodo: Planning for Real
Fonte: Laboratorio CAAD
Planning for Real è uno dei metodi
più noti di progettazione partecipata a scala urbana. E stato
sviluppato a partire dagli anni 70
dalla Neighbourhood Initiatives Foundation (NIF),
unorganizzazione non profit con
sede a Telford in Inghilterra, che lha poi registrato. Da lì si è
ampiamente diffuso. Planning for
Real viene impiegato sia per la partecipazione in relazione a
interventi su piccole aree, sia per lindividuazione
di linee strategiche di sviluppo di un intero
territorio.
Il metodo prevede la partecipazione
attiva e interazione degli abitanti su un problema ed
unarea specifica attraverso luso
di grandi plastici che rappresentano larea. Molto spesso i
plastici sono stati costruiti con laiuto
della comunità locale, magari dai bambini delle scuole
locali. Il modello 3D diventa il centro
di attenzione di un evento molto strutturato e
accompagnato da facilitatori
appositamente formati affinché la comunità locale proponga
suggerimenti "agendo" sul
modello per vedere come un'area possa essere migliorata, oppure
evidenzi problemi specifici,
posizionando sopra il modello delle carte con disegnate su le
proposte. I suggerimenti vengono poi
posti in ordine di priorità e le opzioni vengono valutate in
modo da far emergere un quadro chiaro
di cosa si deve fare.
Il metodo deve il suo successo allimmediatezza
fornita dal modello reale, che risulta più
comprensibile delle tavole progettuali,
e che consente anche a soggetti che non possiedono
una conoscenza tecnica della materia o
una facilità di comprensione di materiali grafici
bidimensionali di esprimere le loro
idee sovrapponendole semplicemente sul modello.
44
Approccio: Progettare a scala
urbana
Metodo: Strategic Choice
Fonte: Giangrande
Lapproccio Strategic Choice nasce
da un lungo lavoro di ricerca condotto da alcuni studiosi
dellInstitute
of Operational Research (IOR) e documentato in Local Government & Strategic
Choice
(Friend and
Jessop, 1969). I principi
e le riflessioni di tipo teorico sono state
successivamente sviluppate fino a
divenire un metodo di pianificazione che ha visto numerose
applicazioni soprattutto in Gran
Bretagna e Olanda. In Italia tale metodo è stato sviluppato in
particolare dal Prof. Alessandro
Giangrande del Dipartimento di Progettazione e Scienza
dellArchitettura (Università
Roma Tre) e applicato in alcuni progetti nellambito del Laboratorio
Municipale di Quartiere Marconi
Ostiense.
Strategic Choice si basa sulla
constatazione che le attività di pianificazione si svolgono
normalmente in condizioni di
incertezza, urgenza, carenza di risorse e presenza di conflitti, vi è
la necessità dunque di abbandonare il
modello razional comprensivo a favore di un processo
di piano di tipo incrementale e
continuo, capace di raggiungere un equilibrio tra il bisogno di
decidere con urgenza e allo stesso
tempo operare scelte flessibili ed efficaci. Il metodo pone
particolare attenzione allanalisi
e allorganizzazione degli attori che partecipano al processo
(suddivisi per collocazione
interna/esterna e ruolo politico/tecnico), alle risorse e agli strumenti
atti a facilitare linterazione
tra gli attori, alle modalità processuali che prevedono una
successione ciclica delle fasi di
strutturazione, progettazione, confronto e scelta. Lefficacia del
metodo è misurata in base alla
capacità di facilitare le scelte, di adattarsi alle continue
trasformazioni dellambiente
decisionale, di gestire lincertezza (Giangrande).
45
Approccio: Progettare a scala urbana
Metodo: EASW European
Awareness Scenario Workshop
Fonte: Fondazione IDIS
Il metodo EASW European
Awareness Scenario Workshop è stato ideato e promosso dalla
DG XIII della Commissione Europea per
fornire uno strumento di confronto sui temi
dellecologia urbana, ma
successivamente è stato applicato ad altri settori delle politiche
comunitarie. Lobiettivo consiste
nellindividuazione degli scenari futuri di sviluppo e delle
differenti combinazioni di tecnologia,
politica pubblica e azioni promosse da privati e dalla
società per la realizzazione di tali
scenari.
Il Workshop della durata di tre giorni
prevede il coinvolgimento dei rappresentanti
dellamministrazione pubblica,
degli interessi privati e dei cittadini ed è suddiviso in due
successive fasi: lo sviluppo di
visioni e la proposta di idee.
Laspetto più interessante è
riferito alla seconda fase in cui le azioni, necessarie al
raggiungimento degli obiettivi
contenuti nella visione comune raggiunta nella prima fase,
vengono analizzate sulla base di un
diagramma che rappresenta i soggetti dellazione
(lamministrazione pubblica o le
forze economiche di mercato) e le modalità di realizzazione (le
risorse umane o la tecnologia).
Approccio: Progettare a scala
urbana
Caso: Arun District Council
Annual Democratic Plan
Località: Arun, Sussex, UK
Lamministrazione del Distretto di
Arun, nel sud dellInghilterra, ha recentemente introdotto
lAnnual Democratic Plan per
incentivare e rafforzare il coinvolgimento dei cittadini allinterno dei
processi di decisione pubblica. Il
piano consta di una serie di iniziative, tra cui:
· Public Question Time -
possibilità di intervento da parte del pubblico al termine di ogni
riunione delle Commissioni tematiche di
governo;
· Public Question and Answers Sessions
- assemblee pubbliche che si tengono sei volte
allanno alla presenza di
rappresentanti dellamministrazione della contea del Sussex, di cui
Arun fa parte, del Distretto e delle
diverse amministrazioni locali
· Area Partnership Panels - incontri
periodici dei diversi livelli di governo, con spazio per
lintervento pubblico, che si
tengono in alcune sedi decentrate del Distretto.
Inoltre le diverse opportunità di
consultazione sono regolate da alcuni Principles of Consultation,
che stabiliscono i soggetti, i metodi,
i processi decisionali, i tempi e le forme di risposta alle
richieste dei cittadini.
Liniziativa più interessante è
comunque rappresentata dal Wawelenght Aruns Citizens Panel,
un comitato di oltre 1500 cittadini del
Distretto che, contattati e scelti come campione
significativo della popolazione, si
sono resi disponibili per divenire soggetti privilegiati
nellinterazione tra
amministrazione e comunità locale. I membri del Citizens Panel sono
chiamati a esprimersi durante lanno
su alcune specifiche questioni riguardanti la gestione del
territorio, i risultati della
consultazione vengono resi pubblici e lamministrazione si impegna a
rispondere su come e se tali risultati
siano stati valutati in relazione allazione di governo.
www.arun.gov.uk/
46
Approcci per progettare a scala
edilizia
Lintroduzione di forme di
partecipazione nei processi di progettazione alla scala edilizia
per interventi sia di nuova
edificazione, sia di recupero di complessi esistenti è utile per
avvicinare maggiormente le
caratteristiche progettuali alle esigenze di chi dovrà abitare,
lavorare, utilizzare gli spazi da
realizzare.
Generalmente la progettazione di
complessi edilizi di iniziativa pubblica o privata è
portata avanti da uno studio di
progettazione senza la conoscenza di chi usufruirà di tali
spazi. Non è raro che il prodotto
finale risulti così distante da quelli che sono i bisogni
degli utenti e debba essere oggetto di
future trasformazioni e riadattamenti. In questi casi,
si pensi ad esempio a molti complessi
di edilizia popolare realizzati nei passati decenni,
si creano problemi di vandalismo,
degrado e si arriva in alcune estreme situazioni alla
demolizione degli edifici appena
costruiti.
Quando è possibile individuare
preliminarmente la natura degli occupanti delle nuove
edificazioni, lavvio di
procedure di progettazione partecipata con questi attori può
significare una maggiore efficacia,
efficienza e sostenibilità nel lungo periodo degli
interventi.
Un momento dellesperienza di
ricerca sulle esigenze abitative dei bambini realizzata in collaborazione da
ANDRIA Cooperativa di Abitanti e dalla
Istituzione Scolastica del comune di Correggio. I bambini di varie
scuole sono stati invitati a diverse
attività volte a fare loro esprimere i loro desideri, sogni, percezioni e paure
in relazione al tema della casa,
giungendo allelaborazione di un vero e proprio manifesto delle loro esigenze.
Fonte: AA. VV., 1999
47
Tab 1.10 - Approcci per progettare a
scala edilizia
Esempi di metodi/tecniche A chi si
rivolge Descrizione
Design Game Utenti della trasformazione
edilizia I partecipanti sono divisi in gruppi di
lavoro e distribuiscono i diversi
elementi
progettuali su planimetrie di progetto
fino
ad arrivare alla definizione di
soluzioni
spaziali condivise
Design Workshop Utenti della
trasformazione edilizia Piccoli gruppi di professionisti e di abitanti
lavorano insieme in modo creativo
(attraverso individuazione di problemi,
proposte progettuali, disegni), le idee
più
significative vengono poi riassunte e
fissate in schemi di progetto
1.3.4.
Autoprogettazione/autoproduzione/autogestione
Lautoprogettazione,
autoproduzione e autogestione comportano un significativo e
sostanziale passaggio di controllo da
parte dei tecnici ed esperti della produzione,
progettazione e gestione del
patrimonio edilizio agli abitanti stessi. In altre parole, si tratta
di esperienze di trasformazione urbana
nella quale i protagonisti diventano i residenti
stessi che poi dovranno confrontarsi
quotidianamente con la qualità, funzionalità e
trasformabilità degli spazi e luoghi
progettati. Il passaggio da produzione e gestione topdown
nella quale il processo ed i suoi
esiti sono controllati interamente da operatori
pubblici e privati esterni al dato
dellabitare locale a produzione e gestione più o meno
significativamente controllata in modo
bottom-up dagli abitanti locali è anvora più
rilevante che in tutti gli altri
approcci alla partecipazione.
Tra le esperienze di questo tipo si
possono indicare, a titolo esemplificativo:
· il movimento e approccio alla
progettazione promosso da Walter Segal per
lautocostruzione;
· le esperienze di autogestione dei
cosiddetti management trusts negli USA e nei paesi
del nord Europa che si occupano della
gestione di giardini o servizi di quartiere;
· il movimento cooperativo in Italia,
che da molti decenni promuove un coinvolgimento
più significativo degli abitanti
rispetto a forme di produzione edilizia convenzionale.
Lapprofondimento di questi casi
va aldilà degli obiettivi di questo studio. I casi più
convincenti sono ampiamente minoritari
rispetto al resto del panorama delle
trasformazioni urbane e comportano
spesso delle vere e proprie scelte di vita da parte
di chi vuole procedere per questa
strada. Si tratta infatti di stabilire meccanismi
continuativi di collaborazione tra
residenti, che vanno al di là del singolo evento
partecipativo e richiedono un notevole
investimento ideologico. E vero però che
lapprofondimento delle questioni
relative allautoprogettazione e autoproduzione, ma
soprattutto allautogestione di
alcuni spazi sarebbe comunque altamente auspicabile
anche in Italia, dove non esistono
pochissime esperienze significative.
48
Il Lambeth Community Center nel sud di
Londra è stato progettato attraverso un processo di partecipazione
di una squadra di dottori, infermieri e
rappresentanti del quartiere. Il risultato dal punto di vista edilizio è una
struttura che tiene maggiormente conto
delle esigenze di pazienti e di chi lavora quotidianamente in questi
spazi.
Fonte: Towers, 1995
Istruzioni del manuale per lautocostruzione
secondo il metodo Segal, che consentono la comprensione e il
trattamento di questioni tecniche,
quali quelle relative allimpiantistica, a tutti coloro che desiderano procedere
in unesperienza di
autocostruzione.
Fonte: Broom, Richardson, 1995
49
Un complesso di case progettate e
realizzate con il metodo di autocostruzione Segal a Brighton. Il risultato
raggiunge e in molti casi supera la
qualità architettonica di molti interventi prodotti in modo convenzionale
dallindustria edile.
Fonte: Broom, Richardson, 1995
Approccio:
Autoprogettazione/Autoproduzione/Autogestione
Caso: Neighbourhood Management organization
Località: Stedenwijk, Rotterdam, Paesi
bassi
La Stedenwijk Management organization è
stata fondata nel 1993 su iniziativa di due housing
associations (paragonabili alle
cooperative edilizie in Italia) del quartiere di Stedenwijk nella città
di Almere in Olanda. Liniziativa
sispira al modello delle Regies de quartiers in Francia e parte
dal presupposto che una migliore
gestione di quartieri socialmente e ambientalmente
problematici può solo essere
realizzata attraverso il coinvolgimento attivo dei residenti. Il
particolare, al momento della
fondazione dellorganizzazione, il quartiere soffriva da tempo di
gravi problemi di degrado sociale di
parte della popolazione e scarso livello occupazionale,
problemi di manutenzione del patrimonio
edilizio, recesso nel mercato degli affitti e scarso
interesse degli abitanti nelle
questioni del quartiere, tranne di quelli che si lamentavano del
modo in cui venisse gestito il
quartiere.
La Stedenwijk Management organization è
stata fondata allo scopo di:
· garantire un corretto ed efficiente
sistema di manutenzione edilizia e urbana dellarea;
· incentivare la partecipazione degli
abitanti;
· favorire la creazione di nuove
occasioni occupazionali per chi abita nel quartiere.
La formazione dellorganizzazione
ha goduto di un iniziale finanziamento da parte delle housing
associations e del dipartimento
dei lavori pubblici comunale. Alcuni residenti e le housing
associations sono i fondatori
della società e, nel contempo, insieme alla municipalità ne
costituiscono i principali action sponsor/beneficiaryi. Lorganizzazione
si occupa in particolare della manutenzione
degli edifici e degli spazi comuni. Gli
abitanti membri della Management organization fruiscono di
particolari condizioni per laccesso
ai servizi di manutenzione, controllo delle proprietà quando
sono in vacanza, facilitazioni per i
lavori di giardinaggio, ecc.
I risultati, oltre ad una rapida
adesione del 30% dei residenti al primo round di iscrizioni, sono
ravvisabili in una maggiore stabilità
sociale del quartiere, nel miglioramento dei servizi e nella
creazione di alcuni nuovi posti di
lavoro.
50
1.4. Diffusione in Italia
In Italia, a differenza di altri
contesti nazionali in cui si è assistito a processi istituzionali di
generale promozione attiva di un
diverso rapporto governo-governato o di iniziative volte
a favorire il coinvolgimento nei
processi decisionali delle fasce deboli della popolazione,
la diffusione di pratiche
partecipative nei processi di trasformazione urbana si è
manifestata attraverso lo sviluppo di
singole esperienze locali. Esse sono nate sulla
spinta di movimenti innovativi interni
alla disciplina e alla pratica architettonica e
urbanistica, da riflessioni sullefficacia
degli attuali strumenti urbanistici maturate
allinterno di singole
amministrazioni locali e di realtà imprenditoriali private, dagli effetti di
alcune politiche europee in materia di
ambiente, pari opportunità, riqualificazione delle
aree degradate, sulle politiche
urbanistiche nazionali.
Il numero ancora limitato di
iniziative consente di tracciare una mappa che individui, in un
arco temporale ristretto agli ultimi
trentanni, i più importanti poli di diffusione
dellapproccio partecipato nella
pianificazione e progettazione urbana.
1.4.1. La riflessione disciplinare
Una delle prime formulazioni della
nozione di partecipazione in architettura e urbanistica
in Italia è rintracciabile nel
discorso teorico e professionale di Giancarlo De Carlo che già
nel 1973 si interrogava su An
Architecture of Participation. Lattenzione di De Carlo nei
confronti della partecipazione è
motivata dalla consapevolezza di poter ridare ricchezza
espressiva al progetto urbanistico e
architettonico, attraverso il contributo creativo di chi
vive e dunque modifica quotidianamente
il territorio. Il confronto con lutente della
trasformazione costringe ad una
diversa attenzione alle diverse fasi della progettazione:
la definizione del problema; lelaborazione
delle soluzioni; la valutazioni dei risultati. Il
problema viene dunque ridefinito
attraverso la lettura del territorio e lascolto delle
esigenze degli abitanti, la
progettazione è un processo di ricognizione delle alternative
che si avvale del contribuito creativo
dei diversi attori locali e la soluzione scelta deve
essere verificata in base agli effetti
di lungo periodo che la trasformazione produce sul
contesto urbano e territoriale,
comprese le possibilità di meccanismi appropriativi da
parte degli abitanti.
51
De Carlo parla agli abitanti del
quartiere Matteotti a Terni
Fonte: Zucchi, 1992
La stessa necessità di identificare e
dialogare con lutente della trasformazione, che si
pone in qualità di terzo attore tra
stato e mercato, accomuna alcune esperienze che si
sviluppano alla fine degli anni 80.
Il cosiddetto terzo attore che, a seconda dellambito
del discorso, si può chiamare
società civile, abitanti, popolazione insediata, vita
quotidiana, gente comune
(Ferraresi, 1995) è visto come una risorsa imprescindibile al
fine della costruzione di una
identità urbana, dellaumento dellefficacia degli strumenti
urbanistici, della risoluzione di
conflitti generati da interventi di trasformazione.
Accertati i limiti degli ordinari
strumenti di rappresentanza nel consentire un reale dialogo
tra la sfera dei bisogni e delle
aspettative della comunità e gli organi di governo, parte
delle discipline territoriali si sono
rese conto che occorre trovare nuovi percorsi capaci di
attivare il patrimonio conoscitivo
locale senza il quale lazione di sviluppo si configura
come scarsa di significato, efficacia
o addirittura legittimità. Il pianificatore deve porsi in
un atteggiamento di ascolto
critico, aprire nuovi canali di comunicazione, sollecitare lo
scambio di risorse tra i diversi
attori, dotando i soggetti deboli e marginali di maggiori
possibilità di accesso alla
decisione.
Il tema dellidentità
territoriale
Il tema della ridefinizione di
identità urbane e territoriali, da raggiungere attraverso la
valorizzazione e messa in rete delle
realtà associative locali, anche di carattere
rivendicativo, è alla base del lavoro
dellassociazione Ecopolis, costituita a Milano nel
1989 da un gruppo di docenti
universitari, professionisti e rappresentanti dei movimenti
ambientalisti. Le attività dellassociazione,
che si propone come Forum per la ricerca,
documentazione e la promozione di
progetti ecologici socialmente prodotti, sono in un
primo tempo rivolte a sostenere alcune
iniziative progettuali locali riguardanti la
riqualificazione di quartieri di
edilizia pubblica della periferia milanese (Ticinese, Bovisa,
Gallaratese, Quartiere Adriano) che in
alcune occasioni si pongono come alternativa
allintervento pubblico e in
altre vedono il coinvolgimento dellamministrazione e di alcune
imprese locali nella ridefinizione dei
piani di trasformazione.
In breve tempo, allinizio degli
anni 90, lassociazione si rafforza e dà vita a strutture di
ricerca costituite dai Laboratori di
progettazione ecologica degli insediamenti umani
attivati presso la Facoltà di
Architettura di Firenze e la Facoltà di Architettura del
52
Politecnico di Milano che si connotano
per lassunzione di un approccio definito
territorialista. Il
fondamento teorico di queste esperienze è costituito infatti da una
visione del territorio come complesso
di inscindibili relazioni tra lambiente naturale,
lambiente costruito e lambiente
antropico. Il coinvolgimento della comunità si attua
attraverso fasi successive dirette a
suscitare, attraverso strategie comunicative adeguate,
linteresse della comunità sui
temi di intervento, a sviluppare le capacità analitiche e
progettuali, al fine di individuare le
necessità e i problemi del territorio, e a produrre
indicazioni condivise di
trasformazione e sviluppo. Limportanza del processo
partecipativo non è racchiusa nei
risultati ottenuti in termini di alternative progettuali,
bensì nel complesso di relazioni tra
gli attori che si stabiliscono durante il percorso, nelle
risorse conoscitive attivate e nella
valenza strategica delle visioni e rappresentazioni sul
futuro del territorio in cui la
comunità risiede.
Caso: Laboratorio di Progettazione
con i ragazzi di Ponte a Greve
Il Laboratorio di Progettazione di
Ponte a Greve, inserito in un più ampio intervento di
riprogettazione dei rioni di San
Bartolo a Cintoia, Argingrosso e San Lorenzo a Greve nel
Quartiere
Laboratorio di Progettazione Ecologica
degli Insediamenti (LAPEI) della Facoltà di Architettura
di Firenze. Il lavoro, gestito da
alcuni ricercatori del LAPEI, si è sviluppato, durante lanno
scolastico 1995/1996, secondo unarticolazione
in tre successive fasi denominate:
· la conoscenza del luogo
· lavvicinamento al progetto
· il progetto e la sua comunicazione
La prima fase ha visto gli studenti
confrontarsi con lanalisi della zona non solo dal punto di vista
della rappresentazione fisica dello
spazio, ma anche della conoscenza soggettiva dei luoghi e
quindi delle abitudini, delle esigenze
e della qualità della vita dei residenti. Nella seconda fase
alcune tecniche consolidate di
pianificazione partecipata (planning for real, mappe cognitive,
collages fotografici) sono state
utilizzate per delineare alcuni temi e ambiti specifici di progetto. Il
lavoro si è concluso con una proposta
finale che ha raccolto i risultati delle fasi precedenti e ha
previsto un momento di confronto tra
gli studenti e gli abitanti dellarea oggetto del Laboratorio.
www.bdp.it/%7Efimm0004/home.htm
53
Il tema dellefficacia della
pianificazione
Parallelamente alla spinta
territorialista alla partecipazione, e in parte in sovrapposizione,
il tema dellefficacia degli
strumenti urbanistici è invece al centro delle esperienze
condotte dal gruppo di ricercatori
della Sezione di Analisi delle politiche urbane e
territoriali dellIstituto di
Ricerca Sociale di Milano, anche sotto linflenza di approcci di
policy analysis alle politiche
urbanistiche quali quelli promossi in Italia da Bruno Dente e
Pierluigi Crosta. Sebbene le tecniche
utilizzate dimostrino forti convergenze con
lapproccio territorialista, le
ricerche sviluppate dallIstituto Ricerche Sociali (IRS) di
Milano e Bologna si connotano per una
serie di aspetti che i protagonisti stessi
individuano essere: la relazione con
un committente pubblico; la forte strutturazione dei
processi nei tempi e nelle metodologie
adottate; lattenzione rivolta alla costruzione dei
problemi piuttosto che alla soluzione
di questioni predefinite; la costruzione di processi di
comunicazione interattivi con gli
attori deboli, capaci di far emergere le conoscenze locali
e di condurre alla definizione di
obiettivi condivisi (Balducci, 1997).
LIRS ha ormai al suo attivo
numerose sperimentazioni nel campo della pianificazione e
progettazione partecipata, in questa
sede si preferisce approfondire il lavoro svolto
durante la fase preliminare di
redazione del nuovo Piano Regolatore Generale del
Comune di Pesaro. Questo caso offre
infatti alcuni spunti innovativi, producendo un salto
di scala, sia in relazione ai
contenuti, sia per la dimensione territoriale interessata.
Caso: Ascoltare Pesaro
Il progetto Ascoltare Pesaro
costituisce una delle prime esperienze a livello nazionale per la
strutturazione del contributo dei
cittadini alla redazione di un Piano Regolatore Generale.
Liniziativa, oggetto di un
incarico affidato allIRS dal Comune di Pesaro nellambito degli studi
preparatori del Piano, persegue gli
obiettivi di:
· coinvolgere la cittadinanza nella
definizione di una visione condivisa di sviluppo;
· mettere in rete le conoscenze locali
degli individui e delle associazioni operanti sul
territorio;
· avviare un processo di dialogo tra i
diversi settori della società locale capace di radicarsi e
progredire anche terminata liniziativa.
Il progetto è giunto alla definizione
di alcune linee guida per la politica urbanistica attraverso la
sintesi di due processi partecipativi
paralleli. Il primo ha prodotto una riflessione sulla città nel
suo insieme in termini di problemi,
opportunità e prospettive di sviluppo e si è articolato in
numerose interviste ai protagonisti
della vita cittadina e nell'attivazione di cinque focus groups
tematici. Il secondo si è rivolto ai
quartieri, cercando una descrizione della città attraverso le sue
parti, ed ha coinvolto i gruppi di
cittadini in attività di community appraisal in cui i ricercatori
hanno svolto un ruolo di sostegno a
percorsi di indagine gestiti dai cittadini. Inoltre è stata
dedicata particolare attenzione al
coinvolgimento delle scuole.
Gli esiti positivi di questa prima fase
hanno condotto ad una seconda iniziativa intesa a
consolidare le nuove modalità di
rapporto tra amministrazione e cittadini e a ricercare
operativamente alcune risposte alle
aspettative suscitate dal lavoro precedente. La
partecipazione dei cittadini è stata
ottenuta proseguendo il lavoro dei focus groups e gli incontri
con i gruppi di quartiere
54
La negoziazione dei conflitti
Un diverso tipo di sperimentazione di
metodi partecipativi si è sviluppato in relazione a
situazioni caratterizzate da forte
degrado fisico, sociale o ambientale, al fine di
individuare gli attori, le strategie e
gli interventi per promuovere la riqualificazione e come
strumento di negoziazione dei
conflitti che quasi sempre accompagnano tali contesti. Il
coinvolgimento degli attori pubblici,
privati e della comunità locale è finalizzato alla
creazione di occasioni per la
comunicazione, la cooperazione e, laddove necessario, per
la negoziazione dei conflitti tra i
soggetti che governano, abitano e lavorano in un
determinato territorio.
LAssociazione Avventura Urbana,
fondata nel
architetti e urbanisti ha per scopi
statutari:
· la diffusione delle pratiche di
partecipazione dei cittadini, degli utenti, degli abitanti,
dei bambini al governo del territorio
e dellambiente;
· la gestione e progettazione di
interventi di trasformazione della città e del territorio
con limpiego di tecniche di
partecipazione, rivolte agli adulti e ai bambini;
· la ricerca la promozione e la
formazione nel campo delle tecniche di analisi,
progettazione e gestione attraverso la
partecipazione.
Le attività dellassociazione
sono prevalentemente orientate alla consulenza per enti
pubblici e privati promotori di
interventi di trasformazione urbana e territoriale e sono
caratterizzate dallutilizzo di
metodologie e tecniche di progettazione partecipata e
negoziazione di matrice anglosassone.
Lazione di Avventura Urbana è finalizzata a
facilitare il dialogo e la mediazione
tra i diversi soggetti coinvolti negli interventi nella
convinzione che lesplicitazione
degli interessi, attuata attraverso adeguati strumenti di
tipo comunicativo, dia luogo a
processi di negoziazione utili alla positiva ed efficace
conclusione del processo. Le prime
esperienze di Avventura Urbana hanno riguardato
lattivazione, su incarico delle
amministrazioni locali, di processi di consultazione e
progettazione partecipata per la
realizzazione di servizi e infrastrutture in quartieri di
edilizia popolare dellarea
metropolitana torinese. In alcuni casi la generazione di conflitti
causati dallinserimento di
funzioni commerciali hanno comportato lutilizzo di tecniche di
negoziazione per la definizione delle
compensazioni. Una delle più recenti attività
dellassociazione riguarda la
progettazione e la gestione, insieme ad altri professionisti,
del Piano di Accompagnamento Sociale
relativo al Programma di Riqualificazione Urbana
di Corso Grosseto a Torino.
I luoghi del sapere scientifico come
promotori della partecipazione
Le esperienze fin qui presentate sono
caratterizzate da un avvicinamento alle tematiche
della partecipazione che, partendo da
considerazioni di tipo scientifico-disciplinare
relative allurbanistica, allanalisi
delle politiche pubbliche, alla pianificazione ecologica,
trovano in alcuni contesti
territoriale unideale luogo di sperimentazione e di verifica, da
cui trarre spunti per proseguire nel
lavoro di ricerca. I laboratori di progettazione
ecologica e lIRS sono infatti
direttamente collegati con le Università di Firenze e di
Milano, ma anche Avventura Urbana, che
si caratterizza per un più stretto rapporto con la
realtà locale, risente delle ricerche
sullapproccio consensuale alla negoziazione dei
55
conflitti, che in Italia è stato
affrontato in modo particolare proprio da alcuni rappresentanti
del mondo accademico torinese.
In questo quadro si inserisce lattività
di ricerca condotta nellambito del Dipartimento di
Architettura e Urbanistica del
Politecnico di Bari. La collaborazione tra la Facoltà di
Ingegneria ed alcune amministrazioni
locali ha dato vita, negli ultimi anni, ad alcune
esperienze di pianificazione e
progettazione partecipata per la redazione di piani
regolatori, la riqualificazione di
spazi pubblici, la localizzazione e listituzione di aree
naturali protette. Il comune
denominatore di queste sperimentazioni è una profonda
riflessione sul nuovo ruolo che lurbanista
deve assumere nella comunità, acquisendo
una maggiore capacità riflessiva e
rendendosi disponibile a modificare il proprio sapere
tecnico per contribuire alla
costruzione di quelle conoscenze di senso comune di cui si
riscopre laffidabilità di
fronte alle sfide della globalizzazione ambientale, sociale ed
economica (Borri, 2000). Tale
principio si esplica nella realizzazione di esperienze in cui
le competenze professionali si sono
intrecciate con la ricerca di un sapere locale,
espresso attraverso processi formali e
informali di coinvolgimento e con un attenzione
dedicata a settori della società
solitamente emarginati dai luoghi della decisione.
1.4.2. Programmi di riqualificazione
Un secondo filone di sperimentazione
di processi partecipati è legato ad alcune iniziative
di tipo pubblico/privato avviate per
facilitare la realizzazione di interventi di riqualificazione
edilizia e urbanistica. Il primo
esempio in Italia risale al 1979 quando ad Otranto fu
istituito un Laboratorio di Quartiere,
frutto di una collaborazione tra limpresa di
costruzioni Dioguardi e lo studio di
progettazione di Renzo Piano, sotto il patrocinio
dellUNESCO e il Consiglio
Nazionale della Ricerca. Gli interventi di recupero del centro
storico furono basati sulla
partecipazione degli abitanti e sullimpiego di tecnologie
innovative a basso impatto ambientale.
Durante i lavori venne realizzata una struttura
informativa, punto di riferimento per
la raccolta dei dati, lincontro con gli abitanti e
laggiornamento sullo stato di
avanzamento degli interventi. La vicenda di Otranto è stata
in seguito riprodotta e sviluppata
dallimpresa Dioguardi a Bari nel 1981 (Quartiere
Japigia) e nel 1985 (centro storico),
nuovamente a Otranto nel 1992 (Laboratorio per la
qualità urbana) e a Roma nel 1993 (ex
ghetto ebraico).
Un simile approccio ai temi della
riqualificazione urbana, questa volta di iniziativa
pubblica, si riscontra nel programma
di finanziamento attivato dal Ministero dei Lavori
Pubblici con il decreto del 22 ottobre
del 1997 relativo ai Contratti di Quartiere. Questa
nuova forma di programma integrato di
riqualificazione urbana contiene, rispetto alle
precedenti iniziative, indicazioni
più precise sulle modalità di partecipazione dei cittadini
agli interventi di recupero. Nella
guida diffusa dal Comitato per lEdilizia Residenziale per
la predisposizione dei contratti viene
infatti suggerita la creazione di sedi permanenti
attrezzate, come i laboratori di
quartiere, per facilitare il raggiungimento degli obiettivi di
sviluppo di un senso di appartenenza e
di identità collettiva, che costituiscono un
presupposto fondamentale delliniziativa
ministeriale
56
Caso: Contratto di Quartiere
Savonarola
Il Contratto di Quartiere Savonarola è
finalizzato alla riqualificazione dellUnità Urbana San
Giuseppe nel Quartiere Savonarola a
Padova. I caratteri innovativi del programma consistono
nella forte attenzione dedicata agli
aspetti di coinvolgimento dei cittadini nella progettazione e
realizzazione degli interventi di
ristrutturazione edilizia, di ridefinizione del sistema del verde e
della mobilità, di creazione di nuove
occasioni di lavoro per i residenti. Il principio guida che
sottende alla definizione del Contratto
di Quartiere è quello della responsabilità condivisa,
ovvero della necessità di un
convincimento da parte dei singoli cittadini e delle organizzazioni
sociali ed economiche sulla bontà e
fattibilità degli obiettivi proposti e del conseguente
cambiamento dei comportamenti
individuali e collettivi, ai fini di una positiva trasformazione del
territorio. Tale principio ha condotto
alla creazione di un coordinamento tra le istituzioni, gli
operatori economici e sociali, luniversità
che si è fatto promotore delle seguenti iniziative:
· un progetto integrato di sviluppo di
comunità, per la lotta allesclusione e al disagio sociale;
· un Comitato di Autogestione dei
residenti degli alloggi di edilizia economica popolare da
riqualificare;
· il sostegno allavvio di nuove
attività artigianali;
· il coinvolgimento di alunni, genitori,
insegnanti delle scuole in progetti partecipati delle aree
verdi e del sistema della mobilità;
· il sostegno alle attività del
laboratorio di Quartiere;
· la creazione di un Centro
territoriale diurno integrato rivolto alla popolazione anziana,
presente nel Quartiere in una
percentuale elevata rispetto alla media cittadina.
Il contratto di quartiere Savonarola è
stato recentemente inserito nel Best Practices Database
del Centre for Human Settlements delle
Nazioni Unite (UNCHS)
www.padovanet.it/comune/edilres/contratt/pagine/index.html
1.4.3. Processi di Agenda 21 locale
Un rilancio nellutilizzo di
approcci partecipativi per la definizione di politiche e azioni in
ambito urbano e territoriale è
sicuramente dovuto al movimento delle città sostenibili e
allattivazione dei processi di
Agenda 21 Locale. Come sottolineato nel paragrafo
dedicato al tema dello sviluppo
sostenibile, il coinvolgimento della comunità locale
rappresenta uno dei principi fondativi
nelle attività di definizione dei piani dazione
ambientali locali.
In Italia è attivo da alcuni anni un
Coordinamento delle Agende 21 Locali, che ha istituito
un gruppo di lavoro espressamente
dedicato al tema della partecipazione. Questa
organizzazione di ricerca si prefigge
gli obiettivi di approfondire e valutare le
problematiche dei processi partecipati
di Agenda 21 Locale e di definire possibili percorsi
operativi, per attivare efficacemente
e migliorare le iniziative di partecipazione,
nellambito di tali processi.
Per questo motivo è stata effettuata una schedatura e
unanalisi delle esperienze
avviate nellambito delle amministrazioni aderenti al
coordinamento da cui sono stati tratti
i primi parziali risultati. In termini quantitativi, su 42
realtà locali ufficialmente impegnate
nella promozione di Agende 21 Locali, al giugno 99
risultavano attivi 7 forum ambientali,
di cui 4 articolati in modo da offrire reali occasione di
partecipazione. Il Forum AmbienteSviluppo
Sostenibile, istituito alla fine del 1997 dalla
Provincia e dal Comune di Modena,
rappresenta insieme a quello del Comune di Roma
un caso di sicuro interesse, sia in
quanto prima esperienza del genere condotta in Italia,
sia in relazione alle metodologie
utilizzate e ai risultati ottenuti ai fini della redazione del
Piano dAzione dIndirizzo
Agenda 21 Locale.
57
Caso: Forum AmbienteSviluppo
Sostenibile
Il Forum AmbienteSviluppo
Sostenibile nasce su iniziativa della Provincia e del Comune di
Modena nellambito di un percorso
di impegno verso le tematiche ambientali, confermato
dalladesione della Provincia alla
Carta di Aalborg nel 1996 e al Piano di Lisbona nel 1997. Il
riferimento alle politiche ambientali
internazionali ed europee è forte anche nella scelta della
metodologia adottata per la gestione
del processo, quella proposta nella guida dellICLEI, e
nella definizione della visione comune
di partenza, che è stata raggiunta applicando la
metodologia European Awareness
Scenario Workshop.
Al Forum hanno aderito complessivamente
circa 80 organizzazioni rappresentative delle attività
economiche e sindacali, dei cittadini e
delle associazioni, delle categorie professionali, degli
organi di informazione, delle
Istituzioni e degli altri livelli di governo locale. Il processo,
fortemente strutturato, ha visto la
formazione di quattro gruppi di lavoro impegnati sui temi:
biodiversità, zone agricole e risorse
naturali; produzione e consumi; città sostenibile e reti;
comunicazione-informazione,
partecipazione, educazione.
Le diverse fasi di lavoro hanno
impegnato i partecipanti al Forum nellanalisi dei problemi
esistenti e dei fattori di criticità
e, successivamente, nella definizione, per ogni area tematica
degli obiettivi generali e specifici di
miglioramento, delle azioni, degli attori coinvolti e degli
indicatori di prestazione e di
verifica. I risultati verificati e approvati nellambito di una riunione
plenaria del Forum costituiscono il
Piano di Azione dIndirizzo di Agenda 21 Locale per la
Provincia e il Comune di Modena e si
pongono alla base delle politiche ambientali che le due
Amministrazioni si sono impegnate
separatamente a sviluppare.
www.comune.modena.it/a21l/index1.html
1.4.4. Strutture amministrative e
networks per la partecipazione
Partecipazione come strumento
ordinario di governo
I risultati positivi raggiunti da due
tra le esperienze precedentemente citate, hanno
condotto, sebbene con differenti
modalità, ad un analogo processo di
istituzionalizzazione stimolando la
creazione di strutture permanenti interne
allamministrazione comunale.
Sono i casi del Comune di Roma, dove a seguito della
sperimentazione dei Laboratori di
Quartiere è stato istituito lUfficio Speciale
Partecipazione e Laboratori di
Quartiere (USPEL), e di Torino dove la collaborazione tra
i diversi settori dellamministrazione
con lausilio di consulenti esterni ha condotto alla
formazione del Progetto Speciale
Periferie. Le due realtà, per i problemi affrontati, le
metodologie utilizzate, la struttura
organizzativa adottata, presentano analogie e
differenze, entrambe costituiscono
però un segnale di come le modalità di partecipazione
siano destinate a entrare
organicamente a fare parte dellattività amministrativa ordinaria.
LUSPEL ha avviato negli ultimi
anni numerose iniziative relative allutilizzazione di
metodi di progettazione condivisa nellambito
dei programmi di riqualificazione urbana,
dei contratti di quartiere e di alcuni
programmi di iniziativa comunitaria. Inoltre segue
lattivazione dei Forum per lAgenda
21 Locale e promuove frequenti iniziative di scambio
di esperienze e di conoscenze sul tema
della partecipazione a livello nazionale e
internazionale. Ha pubblicato alcuni
documenti per la diffusione di una maggiore
sensibilità al tema del
coinvolgimento dei cittadini, tra cui un Manuale di
Autoprogettazione.
58
Manuale di auto-progettazione promosso
dallUspel e redatto dalla Facoltà di Architettura - Università Roma
Tre
Le attività dellUSPEL sono
descritte con maggiore dettaglio nellAppendice
paragrafo si vuole sottolineare la
peculiarità della struttura romana che nellambito della
ricerca è risultata lunico
ufficio permanente con caratteristiche e risorse autonome che si
dedichi esclusivamente allo sviluppo
di attività di pianificazione e progettazione
partecipata. A differenza del Progetto
Speciale Periferie, ad esempio, lUSPEL solo
raramente (Contratto di Quartiere
Centocelle Vecchia) promuove interamente un progetto
di trasformazione urbana, ma agisce in
modo trasversale in quelle situazioni in cui si
ritiene opportuno attivare un processo
di coinvolgimento dei cittadini, perché vi è già un
tessuto locale capace di intraprendere
un percorso partecipato o, al contrario, perché è
necessario attivare un tavolo
negoziale per la risoluzione di conflitti.
Nelle pratiche di partecipazione non
esiste un metodo più valido di altri poiché occorre
sempre fare riferimento e adattare le
strategie al contesto in cui si opera; proporre un
approccio trasversale a tutti i
settori dellamministrazione, come sta avvenendo in campo
ambientale, appare comunque una
soluzione che consente di diffondere in modo efficace
lapproccio partecipato anche in
ambiti amministrativi tradizionalmente più diffidenti.
59
Il Progetto Speciale Periferie propone
uno sviluppo complessivo della città, basato sulla
ricchezza di identità, culture,
risorse, possedute dai diversi quartieri, partendo da quelle
realtà che presentano situazioni di
maggior degrado fisico, ambientale e sociale. Il
progetto si pone come finalità la
riqualificazione urbanistica e ambientale di tali aree, la
creazione di opportunità di sviluppo
economico e sociale a partire dalle risorse locali e la
ricostruzione di un senso di
appartenenza al territorio in cui si vive.
Le tecniche classiche di
progettazione partecipata vengono utilizzate in relazione a
programmi complessi di
riqualificazione o in seguito allindividuazione di singoli problemi
o di aree soggette al degrado. In
collaborazione con le strutture amministrative di
circoscrizione viene attivato un
tavolo di lavoro, che guidato da un gruppo di lavoro
multidisciplinare, comprende i
principali soggetti che vivono e operano nel territorio. I
risultati raggiunti in questa sede
vengono sottoposti, sotto forma di proposte dintervento
e di progetti, allAmministrazione
comunale, come base di discussione per intraprendere
decisioni sul futuro dellarea.
Il principio guida del Progetto
Speciale Periferie consiste in un approccio integrato
capace di attivare nellambito di
uno stesso intervento azioni di riqualificazione di tipo
fisico, ambientale, sociale ed
economico. In questo senso, il Progetto non si sostituisce
alle varie competenze presenti nellamministrazione,
ma opera affinché esse collaborino
al loro interno e con i soggetti
locali nella definizione e realizzazione degli interventi.
Una delle esperienze più
significative realizzate dal Progetto Speciale Periferie consiste
sicuramente nella definizione dei
Piani di Accompagnamento Sociale.
Caso: Piani di Accompagnamento
Sociale del Progetto Speciale Periferie di Torino
I Piani di Accompagnamento Sociale
(PAS) sono stati configurati dal Progetto Speciale Periferie
(PSP) del Comune di Torino come
strumenti utili a garantire leffettiva applicazione di un
approccio integrato nellattuazione
dei Programmi di Recupero Urbano tuttora in corso. La
redazione dei PAS relativi ai tre
Programmi di via Ivrea, via Artom e corso Grosseto, è stata
affidata, attraverso un concorso di
progettazione, a soggetti esterni allamministrazione, ma tutti
fanno riferimento ad alcuni principi
guida elaborati dal PSP.
Gli obiettivi principali dei PAS
contemplano:
· lattuazione di campagne di
informazione e comunicazione sugli interventi previsti dai PRU;
· iniziative di progettazione partecipata
rivolte allindividuazione delle esigenze degli abitanti
a cui dare risposta;
· mediazioni dei conflitti che possono
essere generati da alcune scelte di intervento;
· azioni di sviluppo locale e partecipato
dirette a incentivare, anche attraverso finanziamenti
nazionali ed europei, le iniziative
economiche e sociali dei residenti;
· la cooperazione con gli attori locali e
il sostegno alle realtà già operanti nella zona;
· lattenzione alla sperimentazione
di forme innovative di interazione tra i cittadini e
lamministrazione comunale.
www.comune.torino.it/periferie/
I networks per la diffusione della
partecipazione
Tra le strutture che si occupano di
promuovere in maniera continuativa e strutturata la
diffusione delle pratiche
partecipative in Italia vi sono networks di soggetti riuniti intorno
ad iniziative di carattere nazionale
ed internazionale, come i concorsi nazionali di
60
progettazione, i premi assegnati alle
amministrazioni locali o le reti per la difesa dei diritti
di soggetti deboli e la diffusione dei
principi dello sviluppo sostenibile.
La collaborazione tra lIstituto
Nazionale di Urbanistica, il WWF e il Comitato per lEdilizia
Residenziale, ha prodotto, a partire
dal 1994, una importante serie di iniziative sul tema
della Progettazione Partecipata e
Comunicativa. La prima esperienza ha riguardato la
selezione di progetti già realizzati
nellambito delle comunità locali, suddivise secondo tre
filoni: progetti di riqualificazione e
riuso degli spazi urbani, approfondimenti e
sperimentazioni metodologiche,
esperienze di Amministrazioni Pubbliche. La selezione,
che ha raccolto circa quaranta
esperienze ha evidenziato lestrema ricchezza e
linsospettata diffusione, anche
per iniziativa diretta delle Amministrazioni locali, dei
metodi partecipativi (INU-WWF,
1996).
Le due edizioni del Concorso Nazionale
di Progettazione Partecipata e Comunicativa, di
cui la seconda è attualmente in corso
di svolgimento, hanno invece visto il
coinvolgimento attivo di alcune
Amministrazioni locali nellindividuazione delle aree e dei
temi progettuali da sottoporre ai
partecipanti al concorso. Sono stati istituiti anche dei
laboratori con i cittadini che, nella
prima edizione, hanno svolto attività limitate
allindividuazione dei requisiti,
delle specifiche funzionali e degli indicatori di qualità
urbana. Questo aspetto è stato
riconosciuto come il principale limite delliniziativa e nella
seconda edizione è dunque prevista uninterazione
tra i progettisti e la comunità locale,
per far emergere quello scambio tra
conoscenza locale e sapere tecnico che costituisce
uno dei fattori qualificanti dei
processi di progettazione partecipata.
Il tema dellattenzione al mondo
dellinfanzia e della realizzazione di città a misura di
bambino ha sempre rappresentato uno
degli ambiti di maggior interesse del gruppo di
lavoro sulla progettazione partecipata
e comunicativa. Numerosi sono inoltre i documenti
di livello europeo e internazionale
che promuovono questo filone di sviluppo tra cui: la
Convenzione dei Diritti dellInfanzia
(ONU, 1989), lAgenda 21 (ONU,1992), lAgenda di
Habitat II (ONU, 1996), la Strategia
Europea per lInfanzia (Consiglio dEuropa, 1996). In
Italia il Ministero dellAmbiente
ha promosso il progetto Le città sostenibili delle bambine
e dei bambini e istituito un
riconoscimento da assegnare a comuni italiani che si siano
distinti con iniziative su tale
tematica. I criteri di assegnazione del riconoscimento
intendono premiare: il coinvolgimento
diretto dei bambini nella valutazione delle iniziative
attuate, il carattere innovativo dei
progetti e le potenzialità di disseminazione, la capacità
di dialogo con la città e il livello
di coinvolgimento dei portatori dei diversi interessi,
limpegno politico e finanziario
dellamministrazione nel dare seguito alliniziativa.
Il tema della progettazione
partecipata con i bambini e i ragazzi delle scuole è al centro
dellattività scientifica e
professionale di Raymond Lorenzo che da molti anni lavora
affinchè si riconosca il
bambino non come oggetto da curare, proteggere, educare e
formare passivamente, ma come soggetto,
cittadino attivo e capace di proporre, e
progettare, insieme con gli adulti, un
diverso ambiente di vita (Lorenzo, 1996).
Unaltra iniziativa del Ministero
dellAmbiente consiste nellistituzione di un Premio per le
Città Sostenibili da assegnarsi
mediante un concorso annuale ai comuni attivamente
impegnati nellattuazione delle
politiche ambientali di competenza locale o che hanno
realizzato specifiche iniziative
ambientali particolarmente innovative. Il Comune di Empoli
ha ricevuto entrambi i riconoscimenti
in relazione a un processo di progettazione urbana
partecipata, realizzato in due
quartieri periferici, nellambito del nuovo Piano Regolatore
Generale.
61
Empoli città amica delle bambine e dei
bambini
Il progetto ha riguardato lattivazione
di alcuni laboratori di urbanistica partecipata
contestualmente allapprovazione
di un Programma di Recupero Urbano per il quartiere
periferico di Avane. Tale iniziativa è
inoltre inserita nel contesto più ampio della redazione del
nuovo Piano Regolatore Generale, che
nel documento programmatico preliminare individua
proprio nellapplicazione di
metodi di coinvolgimento dei cittadini, in particolare bambini e
giovani, uno strumento privilegiato per
esaltare le caratteristiche di città giovane, città amica
di chi ci vive, città
pedonale e ciclabile, città sostenibile.
La strategia dellAmministrazione
ha consistito nella sperimentazione di approcci partecipativi in
ambiti specifici e in relazione a
singoli progetti, per poi riportare i risultati a livello di piano e di
metodologia complessiva per la città.
Il progetto denominato Un centro per Avane è stato
coordinato da un esperto esterno allamministrazione,
ed ha previsto il coinvolgimento dei
bambini di una scuola elementare e
parallelamente la costituzione di un laboratorio con i diversi
comitati e associazioni del quartiere.
Tra il 1997 e il 1998 si sono susseguite diverse fasi di
lavoro intese a raccogliere le
conoscenze oggettive e soggettive del quartiere e le riflessioni sul
possibile futuro dellarea. Una
volta individuati alcuni specifici ambiti di intervento si è passati ad
una vera e propria progettazione.
LAmministrazione comunale ha
accolto i risultati dei laboratori inducendo alcune modifiche
nellattuazione del Piano di
Recupero, riguardanti una riduzione nelle volumetrie, la
ristrutturazione di un edificio e gli
aspetti della mobilità.
www.comune.empoli.fi.it/progetti/empoli/urbanistica/urb_apert.htm